Portici, la salvezza non basta, addio serie D: scambio di titolo con Torre Annunziata

L'amministratore unico del club azzurro, Pino Iodice, punta il dito contro la piazza: «Nessun disegno preordinato, ci siamo sentiti ospiti indesiderati in città»

Calcio
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di Raffaella Ascione
Mercoledì 15 Maggio 2024, 21:36
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Il nuovo corso era partito con premesse tutt’altro che incoraggianti. Il feeling tra la città di Portici e la Holding Casa Reale non è mai sbocciato e nemmeno la salvezza conquistata sul campo dai ragazzi di Condemi è valsa a colmare una spaccatura parsa sin da subito insanabile. E così la Holding saluta Portici e porta con sé il titolo sportivo di cui è proprietaria. Con destinazione Torre Annunziata. Il CdA ha già deliberato il trasferimento nella città oplontina, che – nei tempi scanditi dalle norme federali – ritroverà dunque la serie D dopo la salvezza in Eccellenza conquistata nell’ultima stagione. E Portici? «Non resterà senza calcio, dal momento che la proprietà ha garantito un’apertura per il trasferimento del titolo del Savoia, così da consentire alla città di Portici la partecipazione ad una categoria inferiore che probabilmente più le si addice. La Holding non estirperà il calcio da Portici, non sarebbe giusto». Con queste parole Pino Iodice, amministratore unico del club azzurro, spiega lo scenario che da qui a breve potrebbe realisticamente materializzarsi.

Nessun piano preordinato – La Holding abbandona Portici a distanza di un anno esatto dall’avvio del nuovo corso.

Una gestione sin da subito osteggiata dalla città, che non ha mai mostrato nessuna apertura né accordato la minima fiducia alla nuova proprietà, benché affiancata – in occasione della presentazione ufficiale – da rappresentanti degli ex presidenti Ragosta e Noia. Il timore, sin da subito, era che l’acquisizione del Portici fosse preordinata al trasferimento del titolo di serie D a Torre Annunziata. «Non c’era nessun disegno preordinato – spiega con fermezza Pino Iodice – tanto che subito dopo l’acquisizione del titolo la nuova proprietà, rappresentata da Nazario Matachione e da me, si è seduta al tavolo con Noia e Ragosta per coinvolgerli nella organizzazione e nella pianificazione della nuova stagione. Ed invece Noia è letteralmente sparito, mentre Ragosta ha garantito la propria presenza fisica ma niente di più. Se la proprietà avesse sin da subito avuto intenzione di traslocare, di certo non avrebbe coinvolto i due ex presidenti, così legati alla città ed al territorio. Ma c’è di più. Se anche ci fosse stata l’intenzione di portare altrove il titolo, ma stiamo ragionando per assurdo, posso garantire che la proprietà avrebbe riconsiderato la propria posizione se la città avesse dato un cenno di vita, anche minimo. Sapevamo di interfacciarci con una piazza che al più avrebbe potuto rispondere “ni”, non ci aspettavamo quindi una risposta massiccia, dal tifo come dalla classe imprenditoriale, ma se – per quanto piccola – avessimo ricevuto una risposta, posso garantire che di quella risposta si sarebbe tenuto conto a stagione finita. La verità è che Portici non si è mai interessata al Portici Calcio, perché i porticesi si sentono napoletani e tifano Napoli».

Incalza l’amministratore unico azzurro: «Se oggi la proprietà trasloca, questa è solo una conseguenza della risposta che la città le ha dato. Una risposta pari a zero. La stessa Amministrazione comunale ha preteso – a buona ragione, aggiungo – il pagamento anticipato di tutti i canoni per l’utilizzo del San Ciro. La proprietà va via dalla città senza lasciare un solo euro di debito. Ci siamo sentiti degli ospiti, a volte anche indesiderati. In questo scenario, mi sembra anche giusto andar via, col titolo. Lo ripeto, non c’era nessun disegno preordinato, che comunque avrebbe potuto essere stravolto se solo ci fosse stata un’attestazione di fiducia e sostegno da parte della città. E invece la proprietà non deve dare conto a nessuno, questa è la verità».

Perché allora l’immediata spaccatura con la città? «Perché evidentemente la proprietà, identificata in Emanuele Filiberto di Savoia, è stata fin dall’inizio vittima di un pregiudizio alimentato dalla schiera borbonica. È stata rifiutata a prescindere, la città ha chiuso strumentalmente le porte a qualsiasi tipo di discorso. Lo dice uno che vive a Portici e che ne conosce la realtà. Qui non c’è possibilità di fare calcio a certi livelli».

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