L'Accademia del San Carlo di Napoli, nella fabbrica del belcanto

Qui studiano tenori e soprani di domani

Mariella Devia e Ilias Tzempedonidis
Mariella Devia e Ilias Tzempedonidis
di Donatella Longobardi
Domenica 19 Maggio 2024, 07:36 - Ultimo agg. 17:51
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«In tre anni hanno preso parte a spettacoli per oltre 70 alzate di sipario, comprese le tournée a Praga, Aix en Provence e Parigi. E saranno protagonisti di una novità nel cartellone 2024/2025, l’ultima stagione dell'era Lissner che verrà presentata tra breve: un'opera del ‘700 napoletano interpretata solo da loro». Il direttore Ilias Tzempetonidis racconta con orgoglio l'attività dell'Accademia del San Carlo. Undici allievi hanno frequentato nel biennio 2021/22, 12 seguono i corsi del 2023/24. Sono giovani soprani, tenori, mezzosoprani, bassi e baritoni provenienti da Georgia, Russia, Ucraina, Spagna, Corea, Cina, Giappone, Cuba, Lituania e, naturalmente, Italia. Dopo lunghe ed estenuanti selezioni tra centinaia di aspiranti si preparano a calcare le scene frequentando le lezioni di Mariella Devia e, contemporaneamente, seguendo master, incontri con i protagonisti impegnati in teatro, ascoltando opere, concerti, eventi.

«L’idea è di creare un piccolo nido dove possono essere aiutati a realizzare i loro sogni, un luogo dove hanno a disposizione insegnanti, musicisti, registi, foniatri, tutto quello che serve ad una corretta formazione dell'artista di domani», spiega Tzempetonidis che come coordinatore dell’area artistica e direttore del casting ha mille contatti con teatri e enti diversi e si occupa anche delle strade da suggerire ai giovani allievi. Greco di Salonicco, fin da ragazzo una passione viscerale per le grandi voci – a partire dalla conterranea Maria Callas – Ilias è il braccio destro del sovrintendente e spesso è alle spalle dei tanti progetti che hanno portato per la prima volta sulla scena partenopea divi come la Netrebko e Kaufmann, Ludovic Tézier, Elina Garanca, Nadine Sierra, Lisette Oropesa e Barbara Hannigan (attesa ora per «La voix humaine»).

«Ho sempre amato il backstage, mettermi tra due realtà: il pubblico da una parte e i cantanti dall'altra. Mi piace creare emozioni per onorare il genio di chi ha composto l’opera. Dietro gli spettacoli c'è tanto lavoro, dedizione, impegno...», nota Tzempetonidis, ormai napoletano d'adozione. «Qui come da noi c'è il lungomare, la città alta e la città bassa. Ma noi abbiamo i monti dell'Olimpo, voi il Vesuvio», dice lui che prima di arrivare al San Carlo ha studiato le stagioni degli ultimi 25 anni per individuare i titoli da proporre e nuove idee per arricchire il repertorio con i divi dell'ugola attivi in Europa e negli Usa. E dedica grandi energie al progetto dell'Accademia: «Perché ora iniziamo a vedere i risultati. Grazie al sostegno dato da Lissner e dal direttore generale Emmanuela Spedaliere possiamo dire di avere intrapreso la strada giusta. E non solo per insegnare la tecnica del belcanto come soltanto qui si può fare perché il belcanto è nato qui con Rossini, Donizetti e Bellini. Un repertorio rischioso che permette però di affrontare una carriera lunga e intensa. I giovani vanno aiutati e sostenuti e le tradizioni coltivate e rispettate. Ma poche città al mondo come Napoli hanno una grande tradizione musicale da salvaguardare e tramandare alle nuove generazioni».

«Molti degli allievi del primo biennio sono già in carriera, altri iniziano a presentarsi come professionisti. Certo, la strada non è facile, serve rigore innanzitutto. E poi bisogna individuare ruoli giusti per le singole caratteristiche vocali scegliendo il repertorio adatto. E questo si capisce solo studiando», osserva la Devia che, lasciate le scene, segue con affetto i ragazzi sancarliani. Tutti attenti a cogliere consigli e idee dalle sue lezioni. E non solo. «È come se abitassimo qua», nota Sebastian Serra, 28 anni, arrivato a Napoli dalla natìa Palma di Maiorca perché «l'opera è fatta in italiano e avevo bisogno di imparare la lingua. E o riuscivo a entrare in Accademia o mi fidanzavo con un’italiana». In Accademia è entrato, la ragazza ancora non l’ha trovata. Nel frattempo vive la passione per la lirica «come una malattia. Ma qui per fortuna abbiamo tantissime opportunità: seguiamo le prove di palcoscenico, incontriamo gli artisti e anche se prendiamo un caffè al bar possiamo vedere da vicino i divi della lirica nostri beniamini, chiedere un consiglio, scambiare idee».

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Un'atmosfera familiare quella che si respira al sesto piano del teatro. Qui dove un tempo abitava il custode, ci sono due sale con pianoforte. Una intitolata a Rossini e l'altra a Donizetti, i due più celebri ex direttori del San Carlo. E i giovani vi passano ore e ore per studiare e prepararsi senza tralasciare momenti di svago. Per il pranzo di Pasqua, per esempio, ognuno di loro ha portato un piatto tipico della propria terra, comprese una giovane russa e una ucraina che a dispetto di quanto avviene in patria vanno molto d'accordo. Tra gli italiani del gruppo, Antimo Dell’Omo, nativo di Sant'Antimo, 32 anni, laureato a San Pietro a Majella, baritono di belle ambizioni: «Ho iniziato a cantare in parrocchia. Poi, visto che sono molto alto, sono stato militare tra i granatieri di Sardegna e ho prestato servizio di guardia in Senato e al Quirinale. Ora il sogno è esibirmi qui sulle orme di cantanti come Bruson, Cappuccilli, Salsi.... Come appassionato e napoletano considero questo teatro un tempio sacro, e l'Accademia mi consente di sperare in un futuro ricco di successi, anche al San Carlo».

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