Prendiamo le 8.364 imprese di ristorazione della Capitale. La previsione generale è di un calo del fatturato del 70% e per un’impresa su tre il destino è segnato: la chiusura. Lo stesso vale per le gelaterie: fatturato inferiore dell’80% rispetto all’anno passato e il 40% non arriverà all’anno venturo. Non si salva nessuno. Nemmeno gli impiantisti, un settore sul quale difficilmente il sole cala. Per le oltre 8 mila ditte del settore, la previsione è di una riduzione degli affari del 40% con il 15% destinato a tirare giù le saracinesche. Senza contare i tunnel senza uscita nel quale sono finiti gli alberghi (85% di fatturato in meno previsto), il settore oreficeria o trasporti. A Roma servirebbe un piano. E gli investimenti del Recovery. Ma i 25 miliardi di progetti presentati dal Campidoglio, compreso l’acquisto di decespugliatori e la costruzione della funivia, sono ad essere generosi alquanto improbabili.
La Capitale paga il prezzo più alto, troppe negligenze nella sua gestione
Mercoledì 16 Settembre 2020, 09:31
- Ultimo agg.
30 Settembre, 17:46
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Il lockdown ha colpito tutte le città e tutti i paesi italiani indistintamente. Ma gli effetti economici non sono stati uguali per tutti. C’è chi ha pagato di più e chi di meno. Non è solo una questione di divario tra Nord e Sud. Anche Roma, la Capitale, già penalizzata da una cattiva gestione è stata fortemente danneggiata dalla pandemia. Per diverse ragioni. La prima, più immediata da capire, è stata il prosciugamento dei flussi turistici che ha portato alla chiusura di numerosi alberghi e a una ecatombe dei b&b di cui si era riempito il centro storico. Di conseguenza anche le attività commerciali ne hanno risentito. La seconda mannaia è stato (e continua in parte ad essere) lo smart working. Nella Capitale ministeri e uffici sono, ancora una volta, molto concentrati nel centro storico. Gli effetti, come certificato da una ricerca della Cna di Roma, sono stati devastanti.
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