Morti in autostrada a Baiano, il dolore del sindacato: «Sono vittime del lavoro»

Morti in autostrada a Baiano, il dolore del sindacato: «Sono vittime del lavoro»
di Nicola Diluiso
Mercoledì 27 Maggio 2015, 09:49 - Ultimo agg. 10:15
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La verità è nelle parole di Giovanni Villani, referente in Valle Ufita per la Cgil: «A prescindere dalle indagini, resta confermata l’assurdità secondo cui questi operai, per guadagnarsi da vivere sono costretti a lavorare in condizioni disumane, a sostenere orati ben più pesanti di quelli dichiarati, a viaggi estenuanti e a sottrarre alle proprie famiglie scorci di vita che non torneranno mai più». Sulla tragedia degli operai sull’autostrada, con quattro morti e quattro feriti, si è aperta un’inchiesta. La Procura della Repubblica di Avellino ha affidato il fascicolo al pubblico ministero Galdo. Se la dinamica dell’incidente appare sempre più chiara, resta da definire il rapporto di lavoro che gli 8 avevano con la ditta per cui lavoravano in Valle Ufita.



«Sono tanti i lati oscuri circa la posizione contrattuale e giuridica della prestazione lavorativa dei quattro operai deceduti lungo l’A 16, in territorio di Baiano»: la denuncia porta la firma della Fillea Cgil di Avellino che anticipa anche di costituirsi parte civile nel processo che verrà. Il segretario generale provinciale, Antonio Di Capua, esprime sentimenti di dolore e di affettuoso cordoglio alle famiglie delle vittime. È terrificante quanto accaduto. I dubbi circa la legittima posizione dei lavoratori, evidentemente, sono avvalorati da una precisa ragione: il sindacato ha effettuato dei controlli incrociati. «Leggendo - spiega Di Capua - che si trattava di edili e partendo dal presupposto che l’iscrizione è obbligatoria per tutti i lavoratori pubblici e privati ed è il primo passaggio della regolarità dei rapporti di lavoro, abbiamo immediatamente effettuato le prime verifiche presso le Casse Edili di Avellino e Napoli. Non abbiamo trovato alcun riscontro».



L’attacco è suffragato da un’altra constatazione. Quella legata all’incertezza del cantiere presso cui gli 8 operai prestavano servizio. Le informazioni iniziali – secondo cui si trattava del cantiere relativo alla realizzazione della Variante Anas a Grottaminarda - sembrerebbero non attendibili. Dalla società vincitrice la gara di appalto nessuna conferma. Così come alcuni responsabili di ditte operanti in sub appalto lungo il tracciato che, terminato, consentirà di collegare la Valle dell’Ufita alla Fontana del Re, in prossimità di Passo Eclano, hanno confermato di non conoscere i lavoratori. Mentre nella giornata di ieri la Fillea Cgil ha ipotizzato dell’altro: «Approfondendo, raccogliendo informazioni e testimonianze, sembrerebbe che questi lavoratori ogni mattina si recassero al lavoro nell’area industriale di Flumeri dove, tra l’altro, ci sono aziende che producono materiali di prefabbricazione per l’edilizia». Ma anche su questo aspetto non emergono dati certi.



«Sulle notizie circolate – spiega Angelo Lanza, primo cittadino di Flumeri – non abbiamo la possibilità, né siamo in condizioni di poter indicare una qualche soluzione». Al di là di tutto, lasciando agli investigatori il compito di individuare la verità, la Cgil ammonisce: «Il freddo linguaggio burocratico dell’Inail li classifica come infortuni in itinere. Ma la verità è quella che si squaderna davanti agli occhi di tutti: lavoratori che si spostano per centinaia di chilometri per raggiungere il posto, per un lavoro precario, pesante e disagiato, costretti ad un pendolarismo estenuante ed usurante». Se, dunque, dovessero trovare conferma tutti i dubbi espressi da Di Capua si aprirebbero scenari inquietanti, sui quali fare luce.



«Speriamo di sbagliarci, ma non vorremmo che ci si trovasse di fronte ad una azione di caporalato, di interposizione di manodopera o di cottimismo aggiuntivo. Una condizione che nella filiera delle costruzioni si è andata sempre più diffondendo – denuncia Di Capua - a causa dell’assenza di qualsiasi intervento per rafforzare i controlli, per contrastare illegalità e irregolarità , grazie ad un sistema che premia il prezzo e non la qualità e la regolarità, con la conseguente proliferazione di tante forme illecite di arruolamento della manodopera».