Benevento. Il telefono squilla, è la voce del Papa: «Francesco mi aiuta a combattere il cancro»

Benevento. Il telefono squilla, è la voce del Papa: «Francesco mi aiuta a combattere il cancro»
di ​Nico De Vincentiis
Giovedì 13 Novembre 2014, 13:38 - Ultimo agg. 16:36
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«Sconosciuto». Il display del cellulare non incoraggia la risposta. E poi è un giorno di festa. La tentazione è quella di lasciarlo suonare invano. Invece Sabrina sceglie la strada più impegnativa: rispondere a uno sconosciuto. È come applicare la virtù della fiducia. Nella vita, negli altri, nella Provvidenza. Dare fiducia a uno squillo di telefonino? Perché no. «Buona sera Sabrina, sono Papa Francesco».



In fondo ci sperava. Gli aveva scritto un paio di lettere, la terza consegnata a mano in piazza San Pietro quando, con Augusto, aveva appena ricevuto la benedizione speciale del Pontefice. Una conferma del loro sì pronunciato solo qualche mese prima. Il destino stava lavorando per i due giovani sposi beneventani. Un cenno, quasi di implorazione, a mons. Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, perché quel racconto finisse realmente sulla scrivania di Bergoglio. Avere fiducia e attendere.



Una storia di sofferenza e di preghiera, di dolcezza velata di malinconia, di inossidabile speranza mai inquinata dalla rabbia. Ecco cosa legge Papa Francesco nella sua stanza di Casa Santa Marta. Legge e rilegge. «La tua storia – scrive nella risposta autografa – mi ha toccato profondamente. Ho cercato di trovare le parole giuste ma non ci sono riuscito e ho scelto il silenzio. Ma la vita non si arrende al dolore e tu sei testimonianza viva di fede e di abbandono alla volontà del Signore». Francesco sa anche di quel camice bianco e di quella voce: «Dille di pregare molto. Ma dille anche che si è fermato». Cosa?. Sabrina è in ospedale ad Ancona a combattere contro un «mostro» considerato imbattibile, quando arriva la telefonata del suo amico, ignaro di chi fosse quel Giuseppe Moscati apparsogli in sogno, lui che in chiesa non ci mette mai piede.



L’impulso è correre in cappella. La giovane scopre che è intitolata proprio al medico santo. Papa Francesco sa bene chi sia Moscati. Ne parla con Sabrina al telefono invitandola ad affidarsi a lui. «La mia preghiera per te è una promessa già mantenuta, tu ora dovrai pregare per me». Dieci minuti abbondanti di dialogo. Francesco chiede anche dettagli sulla sofferenza fisica della giovane sposa. Il suo percorso terapeutico, le meraviglie sparse lungo il duro e faticoso cammino. «Le mie sofferenze sono tante e pesanti – dice Sabrina al Papa -, ma io e mio marito cerchiamo di farcela da soli, là dove possiamo. Quando però ci troviamo di fronte a cose più grandi di noi chiediamo aiuto ai santi e ai nostri defunti con la preghiera».



Prima la risposta alla sua lettera, poi la telefonata in cui Francesco mostra tutta la sua umanità e commozione sincera. Ha fatto bene a fidarsi di quello «sconosciuto» al telefono, Sabrina. È meno sola nella sua battaglia. Il Papa la invita alla messa a Casa Santa Marta. Vuole incontrarla ancora. L’abbraccia e le ripete la sua vicinanza. «Mi sono sentita dapprima emozionata – racconta Sabrina -, ma subito dopo ho riflettuto sulla grandezza del dono che il Papa stava facendo a me e a tutti gli uomini. Ero, infatti, solo una delle tante persone alle quali questo grande Papa vuole dimostrare la sua vicinanza e il suo affetto, in modo concreto e tangibile. La sua testimonianza è un messaggio che deve arrivare a tutti, al di là dei piani e delle strategie, al di là degli stessi schemi, spesso superati, della Chiesa di oggi».



Quel «Buonasera, Sabrina» resterà una dolce colonna musicale in giornate in cui i rumori rischiano di essere l’unico vero racconto, rumori che diventano grida lancinanti di un lavoro finito e di un curriculum che percorre il Paese senza trovare un porto sicuro. Ma Sabrina e Augusto non si arrendono, loro vogliono raccontare la vita. A ogni costo.