Del Gaudio: «Inchieste incattivite da una società malata»

Del Gaudio: «Inchieste incattivite da una società malata»
di ​Mary Liguori
Domenica 26 Luglio 2015, 18:13 - Ultimo agg. 18:21
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«Ventitrè anni di onesta professione e di politica sono stati spazzati via dalle pale dell'elicottero dei Ros. Prima di mercoledì, l'immagine dell'elicottero per me era la gioia del Papa a Caserta, adesso quel rumore è sinonimo del paradosso nel quale sono stato catapultato». È un Pio Del Gaudio provato, a tratti commosso, quello che a 24 ore dalla riconquistata libertà analizza l'esperienza dell'arresto, i 10 giorni di carcere, l'accusa di essere colluso con la camorra caduta, assieme all'ipotesi di illecito finanziamento, per mano dei giudici del Riesame.

Dottor Del Gaudio, cosa ha pensato quella notte?

«Ho creduto che fosse successo qualcosa a mio figlio, non ho immaginato che mi avrebbero arrestato, che di lì a poco un agente penitenziario si complimentasse con i Ros per aver preso “un piccione grosso”: i carabinieri si indignarono, ma io più di loro, perché in quel momento capii che appena vai in carcere la società ti condanna, senza processo».

Cosa ha fatto appena tornato a casa?

«Sono andato dai miei anziani genitori».

Il carcere, che esperienza è?

«Non dimenticherò più il mio compagno di cella: si chiama Mirko, a lui va il mio pensiero e a tutti i detenuti che vivono in condizioni disumane.

La galera, così come è gestita dal governo, non può riabilitare un individuo se oltre a togliergli la libertà, lo priva anche della dignità. Ho scritto una memoria di cento pagine con la quale intendo denunciare i disservizi e i disagi che, oltre le sbarre, accomunano i detenuti e il personale».

Proprio nei giorni in cui lei era detenuto, scoppiava lo scandalo della mancanza di acqua nel carcere di San Tammaro. Si farà promotore delle istanze dei detenuti?

«Sì, l'acqua manca per 15 ore al giorno e quando torna non è potabile. Molte celle affacciano su microdiscariche di spazzatura. Non si può pensare di riabilitare le persone trattandole come animali. I disagi affliggono tutti quelli che vivono il carcere, sia da detenuti che da addetti ai lavori»

Ce l'ha con chi l'ha mandata in galera?

«I magistrati hanno fatto solo il loro lavoro, come i carabinieri. La società li ha incattiviti e il risultato è un clima di sospetti nel quale basta un'intercettazione per far finire una persona onesta in carcere».

Su cosa si è basata la sua difesa in sede di Riesame?

«Sono finito in prigione perché qualcuno ha parlato di me di cose mai successe, quasi sapesse di essere intercettato. In una delle intercettazioni questa persona parla addirittura da sola».

Sta parlando di Pino Fontana, l'imprenditore che la Dda definisce “socio di Zagaria”: quei soldi da lui li ha presi o no?

«Conosco Fontana dal 2006. Organizzava iniziative di beneficenza, tornei di calcio con carabinieri, poliziotti e finanzieri. Quando ci furono le elezioni, gli chiesi voti per me e per Polverino. Voti, non soldi, infatti tutti i finanziamenti per la campagna elettorale sono stati documentati e leciti, quelle carte i Ros le hanno sequestrate ed è tutto così lampante».

Come si spiega quelle intercettazioni in cui Fontana afferma di aver dato 30mila euro a lei e 20mila a Polverino?

«Non me le spiego, ma la dichiarazione il dissesto finanziario al Comune e la Stazione unica appaltante per la quale mi sono battuto mi hanno reso sicuramente poco simpatico alla classe imprenditoriale».

Certa imprenditoria è vicina alla politica?

«Non saprei dirlo, ma se la magistratura si è incattivita, evidentemente è accaduto perché c'è una parte delle politica che è malata. I pm però devono capire che c'è anche una politica sana, e in quest'ultima si deve avere fiducia, altrimenti si rischia di perdere ogni speranza per il futuro».

Lei e Forza Italia. Andò a salutare Polverino in tribunale durante un processo. Poi fu trovata una lettera di suo pugno in casa di Nicola Cosentino in cui lo ringraziava per averla candidata a sindaco. Questi episodi hanno avuto un ruolo nel suo arresto?

«Hanno assunto un peso giudiziario, ma erano solo messaggi di lealtà. Di congedo da Cosentino perché era la fase in cui assumevo la dirigenza provinciale di Forza Italia,e i miei referenti politici in quel periodo erano confluiti in Forza Campania; per Polverino, un gesto verso l'uomo, estraneo alle vicende giudiziarie che lo riguardavano». Ha davvero ha chiuso con la politica? «Se traccio un bilancio, mi ha dato più negatività che positività. Ora mi auguro solo che mi diano quanto prima la possibilità di riabilitarmi del tutto».