Sorrento. Violenza in discoteca, sui social insulti agli arrestati e lo sfogo della gemella di uno dei due: «Mio fratello non è uno stupratore»

Sorrento. Violenza in discoteca, sui social insulti agli arrestati e lo sfogo della gemella di uno dei due: «Mio fratello non è uno stupratore»
di Mary Liguori
Martedì 25 Agosto 2015, 21:20 - Ultimo agg. 27 Agosto, 10:12
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CASERTA - Il giorno dopo gli arresti, i parenti dei due ragazzi finiti in carcere con l'accusa di avere stuprato una turista americana nel bagno di una discoteca a Sorrento, affidano ai social network la propria rabbia, e una versione dei fatti diametralmente opposta a quella della procura, per quanto accaduto la notte del 28 luglio in Penisola.

Se la famiglia del calciatore Francesco Franchini, figlio dell'ex attaccante della Casertana, Massimo, preferisce tacere, la sorella gemella dell'altro indagato, Riccardo Capece, affida al social network le considerazioni e gli sfoghi sulla vicenda. «Purtroppo la gente campa su queste cose ed è cattiva - lo sfogo della ragazza via Facebook - Il mio gemello è un angelo. È uno dei ragazzi più buoni e più ingenui che io conosca e non lo dico perché si tratta di mio fratello».

Poi ribadisce ciò che gli amici dell'indagato hanno affermato subito dopo avere appreso dell'arresto: «È bello come il sole – scrive - non ha bisogno di fare queste cose».

Secondo lei, l'intera vicenda, la duplice violenza sessuale nella toilette del locale sorrentino, altro non è che «un ammasso di fandonie» anzi «una bolla di sapone». «Vedo ai telegiornali foto di mio fratello come se fosse un camorrista – continua – Ma lui è un signore, un gentiluomo, e nessuno meglio di me lo conosce. Invito a tutti a chiudere la bocca e a pensare ai loro problemi», «A mio fratello ci pensiamo io e la mia famiglia. Dio è grande». La notizia, d'altronde, ha prodotto non poco scalpore a Caserta, dove i Capece sono molto conosciuti, titolari di una catena di ristoranti con sedi anche a Milano e soci di un'azienda che si occupa di ecologia. Gente facoltosa, residenti nel salotto buono di Caserta, a San Leucio. La loro villa, in una traversa privata della frazione, è quasi inaccessibile. Da un lato lo sfogo della gemella del presunto stupratore, dunque, e i commenti degli amici dei due che si schierano senza se e senza ma dalla parte degli indagati, al punto da sostenere che la ragazza, «li abbia denunciati inventandosi tutto», dall'altro, sempre sui social network, l'aggressione verbale nei confronti degli indagati.

È il profilo Instagram di Francesco Franchini ad avere assunto, nella giornata di ieri, la fisionomia di un ricettacolo di insulti. Appena la notizia ha iniziato a circolare, diversi contatti hanno lasciato commenti poco lusinghieri sotto le ultime foto pubblicate dal ragazzo, augurandogli ogni male. Per il momento, i due non possono difendersi, perché sono in prigione, a Poggioreale, ma avranno presto la possibilità di fornire una propria versione dei fatti al giudice; a breve verrà fissato l'interrogatorio di garanzia. Capece è rappresentato dall'avvocato Giuseppe Fusco, Franchini dal penalista Romolo Vignola. Capece, di certo, si difenderà dalle gravi accuse che gli vengono mosse, quelle di avere abusato di una ragazza mentre il suo amico, ex calciatore del Sora e del Gladiator, la teneva ferma, in ginocchio sul pavimento del bagno della discoteca. Perché questo è ciò che ha sostenuto la vittima quando, a dodici ore dai fatti, è andata in ospedale ed ha denunciato lo stupro. I referti medici non confermano lesioni compatibili con una violenza carnale, tuttavia la procura di Torre Annunziata ha acquisito dei video che proverebbero che, dopo un primo momento di effusioni consenzienti tra Franchini e la studentessa statunitense, quest'ultima sia stata trascinata in uno dei bagni e, successivamente, sia scappata, salvo ritornare per rassettarsi gli abiti strappati e finire, per la seconda volta in meno di mezz'ora, nelle grinfie del calciatore e anche del suo amico, Capece appunto.

Un racconto che ha convinto il gip, che con tutta probabilità la difesa proverà a smontare. La vittima, qualche giorno dopo i fatti, è ritornata negli Usa. Se ci sarà un processo, sarà chiamata a testimoniare e, quindi, a ripetere ciò che ha detto ai carabinieri.

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