Traffico di reperti archeologici, 19 arresti in Campania: recuperati 1500 pezzi

Traffico di reperti archeologici, 19 arresti in Campania: recuperati 1500 pezzi
Venerdì 23 Gennaio 2015, 08:06 - Ultimo agg. 15:31
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Diciannove persone che facevano parte di un'associazione per delinquere finalizzata allo scavo e al traffico internazionale di reperti archeologici sono stati arrestati dai carabinieri nelle province di Caserta, Napoli, Salerno, Frosinone e Latina.

I militari di Caserta e della Tutela del patrimonio culturale hanno recuperato oltre 1.500 reperti archeologici di diversa natura e datazione, (oltre a numerosi falsi). I reperti provenivano da importanti giacimenti archeologici campani.

C'erano due anfore con disegni del pittore greco Assteas risalenti al IV secolo a.C., trafugate a Paestum, quattro pannelli affrescati provenienti da una villa romana scoperta a Pompei a pochi metri dall'area degli scavi archeologici.

E ancora, tantissimi reperti rubati nella zona collinare di Pozzuoli e nel Casertano nel sito dell'Antica Cales, tra gli oggetti recuperati in seguito all'indagine «Dedalo» coordinata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere e condotta dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio di Napoli con il supporto dei presidi dell'Arma sul territorio, ovvero la Compagnia di Capua e la stazione di Calvi Risorta.

Gli arrestati. L'inchiesta per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla ricerca illecita, all'impossessamento e alla ricettazione di reperti archeologici, ha portato in carcere tre persone residenti tra Napoli e Caserta: si tratta del 58enne Rocco Verrengia, ritenuto l'organizzatore degli scavi, Angelo Valente di 32 anni e Benedetto D'Aniello di 67 anni, collaboratori del primo e ricettatori di professione; ai domiciliari sono finite altre 15 persone, quasi tutti tombaroli, residenti tra Mondragone, Capua, Capaccio, Castellammare di Stabia, Terzigno, Napoli, Sabaudia e Formia. Gli indagati sono in tutto 43. Il valore dei reperti recuperati è di circa 2,5 milioni di euro; solo le due anfore di Assteas valgono oltre 1,5 milioni di euro.

Le indagini sono partite nel 2011 quando è ripresa la campagna di scavi clandestini nell'area da 60 ettari dell' Antica Cales, nel Casertano, dopo un breve periodo di pausa dovuta ad un'indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere sui tombaroli, alcuni dei quali sotto processo. A raccogliere le segnalazioni provenienti anche da alcuni contadini che notavano strani movimenti notturni fu il comandante della stazione di Calvi Risorta, Massimo Petrosino.

Dalle indagini, con l'intervento anche dei militari del Nucleo Patrimonio Tutela Culturale di Napoli guidati da Carmine Elefante, è emersa l'esistenza di una organizzazione abbastanza strutturata, in cui ogni elemento avevo il proprio ruolo. Sono stati recuperati oltre 1500 reperti, alcuni contraffatti; la maggior parte dei quali era destinata a finire in Spagna e Usa. «I committenti sono tutti privati collezionisti - ha detto in una conferenza stampa alla Procura di Santa Maria il vicecomandante del Nucleo Tutela Patrimonio di Roma Luigi Cortellessa - non abbiamo riscontrato al momento l'interesse dei Musei, che dopo le indagini degli anni scorsi ben si guardano dall'esporre reperti di dubbia provenienza. Al momento inoltre non è emerso neanche il coinvolgimento della criminalità organizzata».

I tombaroli sono stati filmati in azione con telecamere a infrarossi ed apparecchiature satellitari ed intercettati. In alcune immagini diffuse dagli inquirenti, i cacciatori di reperti vengono ripresi nel momento in cui appongono i cosiddetti «spilloni» nel terreno, cioè sonde artigianali che permettono di capire se nel sottosuolo è presente qualche oggetto archeologico di valore. «Queste persone hanno una spiccata professionalità - ha detto Cortellessa - in quanto solo dalla polvere che si accumula sullo spillone riescono a capire se si tratta di residui di reperti». Gli investigatori, coordinati dal Procuratore facente funzioni Raffaella Capasso, e dal pm Federica D'Amodio, hanno accertato che i tombaroli hanno trafugato reperti in tutti i siti più importanti della Campania. Nel casertano hanno preso di mira l'area dell'Antica Cales e i territori limitrofi, ovvero la zona sidicina e aurunca, luogo di dimora di popoli pre-romanici, quindi si sono spostati a Paestum, dove hanno trovato le due anfore ed altri reperti del periodo della Magna Grecia, quindi a Pompei. Qui, nel 2013, nell'area della cosiddetta «Civita Giuliana» adiacente agli scavi, nel giardino di un'abitazione privata, è saltata fuori la stanza di una villa romana mai censita; dalle quattro pareti erano stati tolti gli affreschi, poi recuperati.