Aspettando il vento, una storia per ragazzi (e non solo) di formazione e di amicizia

Aspettando il vento, una storia per ragazzi (e non solo) di formazione e di amicizia
di Donatella Trotta
Martedì 30 Settembre 2014, 23:01 - Ultimo agg. 9 Ottobre, 15:00
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Un sito speciale. Incubatore di storie altrettanto speciali: Torre Guaceto è un luogo magico e fiabesco. Si annida nel tacco d’Italia tra un mare d’ulivi e il mare della costa adriatica, tra la Murgia e l’Alto Salento. Riserva naturale dello Stato nella Puglia più remota, a pochi chilometri dai centri di Carovigno e San Vito dei Normanni e a una trentina di km da Brindisi, è un tratto costiero lungo 7 chilometri dove l’unica traccia umana, tra macchia mediterranea, dune fossili e ginepri, canneti fitti, stagni nascosti e paludi, è un’antica torre aragonese: si staglia, all’orizzonte, quasi come una sentinella della biodiversità. Che qui – in un tempo apparentemente immoto o sospeso - ha trovato il suo paradiso “ecosostenibile”. Ed è qui – non a caso – che è nata una storia d’incanti che vale la pena di segnalare. Dalla sua genesi fino ai suoi esiti. Aperti.



La storia si intitola «Aspettando il vento. Una fiaba verso Sud» (pp. 112, euro 14) ed è edita da BeccoGiallo, casa editrice specializzata in fumetti d’impegno civile, che anche in questo caso ha saputo intercettare e convogliare, in un’unica pubblicazione, l’entusiasmo appassionato e contagioso di tre autori: Francesco Niccolini, 49enne drammaturgo, scrittore, regista e sceneggiatore aretino attento al territorio inteso come paesaggio naturale e umano; Luigi D’Elia, artista ed educatore ambientale brindisino che nella Riserva di Torre Guaceto - dove è direttore artistico della Cooperativa Thalassia e della Residenza teatrale di Mesagne - ha la sua “casa sentimentale”, laboratorio di innovativi e coinvolgenti progetti di ritorno alla natura, cittadinanza attiva, teatro e narrazione; e infine Simone Cortesi, emiliano, classe 1987, fumettista di talento e già autore per BeccoGiallo, con Niccolini, di «Enrico Mattei. Vita, disavventure e morte di un cavaliere solitario» (2012).



«Aspettando il vento», graphic novel in bianco e nero di forte impatto emotivo, è una delicata storia di formazione e di amicizia per ragazzi che ha per protagonisti tre bambini: Arturo, nove anni, affetto da una lieve balbuzie, figlio di un capostazione che cambia spesso sede di lavoro - come la foggia dei suoi capelli docili al vento: ricci con lo scirocco, lisci con la tramontana – e finisce a Serranova, sperduto paesino pugliese a due passi da Torre Guaceto, dove diventa amico di Caterina, l’unica bambina con cui riesce a scorrazzare in bici e a dialogare non solo perché lei parla molto ed è carina - anche con gli occhiali e l’apparecchio per i denti - ma pure perché ha aspirazioni da ornitologa e dunque sa tutto sugli uccelli migratori che popolano la zona in cui vivono. E poi c’è Andrea, un bimbo solitario, taciturno e misterioso che seguendo la propria passione profonda svelerà infine ad Arturo e Caterina il mistero della crescita e della perdita dell’innocenza in un crescendo di suspence che vira poeticamente, a un certo punto della storia, in realismo magico.



Ma «Aspettando il vento», racconto a fumetti godibile pure dagli adulti, con il suo corredo di foto bianconere e testimonianze in presa diretta dal sito che l’ha ispirata, è anche altro. È una storia di metamorfosi e lievi incanti infantili sulle rotte di rondini e cigni, gru e upupe, gabbiani e gruccioni, pispole e ballerine bianche, anatre, aironi e folaghe. Una vicenda minima, ma fortemente evocativa, cullata nel silenzio e nella luce della palude dal suono del vento tra le canne. Ed è una storia che nasce, prima, come spettacolo teatrale itinerante - prodotto e partecipato “dal basso”, anche con l’apporto di una bambina di nove anni, figlia primogenita di Luigi D’Elia nonché aiuto-regista e consulente per la pubblicazione -, per trasformarsi in racconto suggestivo e, poi, in sceneggiatura per il fumetto.



Il bambino Arturo non riesce a volare. Si sente un goffo pinguino che dopo varie avventure e giochi nello stagno riuscirà tuttavia ad affrontare, grazie all’amicizia, il mistero della vita, affollata da stormi di rondini migranti ma anche da barbagianni stanziali, nati per tutelare lo spirito dei luoghi. Un po’ come avviene per gli scrittori, che Walter Benjamin divideva in due categorie: i contadini e i marinai. Sembra evocarlo lo spettacolo teatrale per ragazzi di D’Elia e Niccolini: parte, non a caso, di una trilogia che ha avuto vari premi e oltre 150 repliche in giro per l’Italia, e non solo: «Storia d’amore e di alberi», opera poetica sulla rinascita; «La grande foresta», lavoro sull’incontro con la morte e con l’immortalità della natura; e infine «Aspettando il vento», appunto. Un’esperienza trasformante, in cui cultura e natura camminano insieme, finalmente, a braccetto. E soprattutto un confronto – spiegano gli autori - «tra chi ha nel suo Dna partenze e ritorni, e chi invece l’essere custode dei luoghi e della bellezza». Della loro identità originaria, e del loro magnetismo ambientale.
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