Esce "Illmitz", opera prima e inedita di Susanna Tamaro

Esce "Illmitz", opera prima e inedita di Susanna Tamaro
di Donatella Trotta
Mercoledì 29 Gennaio 2014, 17:44 - Ultimo agg. 8 Ottobre, 18:10
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una storia di formazione densa e lieve Illmitz, opera prima sinora inedita di Susanna Tamaro allora poco pi che ventenne, da oggi finalmente in libreria (Bompiani, pp. 112, euro 14) dopo essere stata rifiutata, 33 anni fa, da molti editori, malgrado autorevoli sostenitori tra i quali Claudio Magris, al quale il manoscritto arriv attraverso la madre maestra, amica della nonna anch’essa maestra di Susanna Tamaro. Un ”caso“ del quale «Il Mattino» parla con l’autrice, nella sua casa nella campagna di Orvieto dove da tempo la scrittrice vive coltivando le sue passioni dominanti.

«Illmitz» racconta in prima persona il viaggio di un ragazzo tormentato, sospeso «tra euforia e cinismo», da Roma a un paesino dell’Austria ai confini con l’Ungheria, sospeso tra Occidente e Oriente. Un viaggio fisico, ma anche e soprattutto interiore. Perché è un viaggio di ricerca – delle proprie radici non soltanto familiari, di sé, del senso dello stare al mondo, ma anche della propria vocazione – che si trasforma, per il protagonista preda di un «malessere profondo», in cammino di iniziazione e consapevolezza. Sino all’agnizione finale per il giovane io narrante senza nome, un 25enne che si definisce «macinasogni», «parente delle ombre», «più albero che uomo», «intrappolato nel gelo» del suo corpo perché «figlio di un concetto e non del calore umano»: quel calore che solo la materna sensualità della sua ragazza, Cecilia, riesce a dargli trasformandolo così, dopo molti incontri ed esperienze, in «eroe dello stupore».

Ma a stupire, oggi, è il «gran rifiuto» di pubblicare questo libro da parte di molti editori di allora. Il perché lo ipotizza l’autrice stessa: «Forse – spiega - i tempi non erano maturi per accoglierlo, come, paradossalmente, oggi che viviamo momenti di grandi rivolgimenti, fragilità, maturazioni; gli anni Ottanta invece, segnati dal craxismo, sono stati anni per certi versi spaventosi, anni nei quali la sensibilità degli artisti già intravedeva il ghigno della morte». Ed è allora una piacevole sorpresa la scoperta che un libro concepito da una giovanissima Tamaro alla sua prima prova narrativa conservi intatta tutta la forza - e la coerenza - di un romanzo metaforico breve, dalla cifra stilistica asciutta, precisa e nitida, costellata di simboli, oltre che di nuclei tematici cari all’autrice (e sviluppati intanto in altri 22 libri, di cui 4 per ragazzi): il disagio esistenziale e di civiltà, l’inquietudine, la solitudine dei diversi, la tragedia dell’infanzia, uno smarrimento che Heidegger chiamava “spaesatezza” (”Heimatlosigkeit“), il rapporto con la natura.

«Sono colpita anch’io, rileggendolo per la prima volta dopo trent’anni, perché c’è in nuce tutto il mio mondo», ammette la scrittrice: «È stato come trovarmi di fronte a una nana bianca, stella di piccole dimensioni destinata per contrazione di energia a esplodere generando mondi e corpi celesti nuovi...». Metafora astronomica che ben si attaglia peraltro all’autrice di un best seller come «Va’ dove ti porta il cuore»: 14 milioni di copie vendute in vent’anni esatti, 9 in Italia e 5 all’estero, con traduzioni in 43 Paesi (Susanna Tamaro festeggerà il ventennale di «Va’ dove ti porta i cuore» registrando con la sua voce la lettura del libro in uscita negli audiolibri da Emons il 12 febbraio, euro 14,90): «Quello è stato il mio libro più conosciuto ma anche il più misconosciuto, per la sua apparente semplicità ingiustamente tacciata da molti detrattori di buonismo e sentimentalismo», sottolinea Susanna Tamaro. Che aggiunge: «Dopo quell’inaspettato successo planetario, avrei potuto strizzare l’occhio al mercato, e invece il mio libro successivo è stato ”Anima Mundi“, che solo un folle poteva concepire... Un ulteriore segno di fedeltà al mio desiderio di indagare le inquietudini dell’animo umano, dare un senso al dolore».

Proprio quelle che agitano il protagonista di «Illmitz»: meta del suo viaggio e luogo dell’anima, per le sue ascendenze familiari. «Illmitz – spiega Tamaro - è un paesino esiste davvero, ed è appunto il limite, il confine. Non solo tra Oriente e Occidente ma anche, allora, tra paesi comunisti e non. La genesi del libro l’ho raccontata nel mio ultimo libro autobiografico ”Ogni angelo è tremendo“, quasi una chiusura del mio cerchio esistenziale, senza il quale peraltro non si può capire nemmeno la mia opera prima, scritta di getto in venti giorni su 4 quaderni a righe delle scuole elementari, quasi senza correzioni, in una locanda di Illmitz dove mi rifugiai dopo un soggiorno a Vienna con il mio innamorato di allora. Quando ci salutammo, vidi una corriera con destinazione, appunto, Illmitz. Vi salii. E fu una specie di magia, uno stato di grande grazia che mi portò in quei giorni di sosta tra Austria e Ungheria a forare il muro di opacità del reale dal quale è poi sgorgato il racconto».

L’inconscio gioca una parte importante nel testo, orchestrato tra il flusso di coscienza dell’io narrante, inserti ricorrenti di sogni rivelatori del protagonista, citazioni fiabesche, descrizioni d’ambiente e di personaggi (tra i quali spiccano soprattutto la sorella del protagonista, Agnese, figura di rarefatta luminosità, morta bambina per mettere alla prova il suo angelo custode, e il vicino di casa Angelo, detto Frankenstein per la sua grave disabilità mentale) funzionali al racconto. Che nella sua alternanza di incanto e disincanto sembra avere accenti a tratti leopardiani: «Leopardi è un mio grande maestro e ispiratore – ammette Tamaro -, per anni ho letto il suo Zibaldone, riflettuto sul suo pensiero della natura matrigna che nella mia traiettoria ha avuto una diversa evoluzione». Paradossale invece il rapporto con la psicanalisi, che sembra permeare l’ispirazione della Tamaro ma in modo molto critico: «È vero - sorride la scrittrice, nipote di Italo Svevo -. Nel libro c’è un grandissimo rapporto con la parte inconscia del protagonista, con i suoi sogni, con il mistero e il mondo delle ombre. Una dimensione che ho respirato in famiglia: un fratello di mia nonna era in cura da Freud, di cui è stato traduttore un cugino della stessa nonna; e tuttavia in famiglia si è sempre criticata ferocemente e con ironia la dispendiosa pratica psicanalitica. La potenza creatrice dei sogni abbiamo sempre preferito lasciarla ai poeti e agli artisti».

Ma quanto ha influito sulla vocazione della scrittrice, triestina figlia di terre di confine, il suo Dna mitteleuropeo? «Moltissimo – replica Tamaro –. ”Illmitz“ trasuda anche molta cultura tedesca: filosofica e poetica, fatta di spietata stringatezza e lucidità, esplorazione di altre dimensioni e soprattutto di ricerca della poesia, tanto che avevo concepito il libro, condensato in poche pagine, quasi come un poemetto. Scrivere allora – aggiunge - ha significato ricomporre le mie radici, che affondano in diverse lingue ed etnie: da bambina ero immersa nei suoni del francese, del tedesco, dello sloveno, nutrita di echi ebraici. Ho dovuto fare un lungo e durissimo lavoro di scavo, per assorbire e ricomporre quegli idiomi fino a trovare una lingua mia, che desse un nome esatto alle cose rispondendo anche alle mie passioni scientifiche naturalistiche, dove l’esattezza richiede un grande rigore. Anche per questo ho soggiornato a Vienna, in Ungheria, in un kibbutz in Israele, oltre che in Italia. Perché la scrittura è una terra di miraggi e bisogna saper discernere per sapere chi ti sta chiamando, e in quale direzione andare».

Nel libro non manca tuttavia una componente fantastica, con uno sguardo della giovanissima autrice già allora particolarmente attento a quella chiaroscurale dimensione dell’infanzia alla quale Tamaro sembra continuare ad appartenere ancora oggi, per parafrasare Antoine de Saint Exupery, «come a un paese»: è così? «Già - osserva la scrittrice -. L’ombra fiabesca che aleggia nel testo, legata soprattutto alla figura della piccola Agnese, che evoca me da bambina, è forse il preludio alla mia produzione di libri per bambini e ragazzi: scrivere per loro è particolarmente difficile ma, per me, soprattutto oggi, necessario». In che senso? «I bambini vivono una situazione educativa catastrofica: molti di loro mi confessano di trovare conforto nei miei libri, ma mi impressiona sapere ad esempio che un’opera come ”Cuore di ciccia“, che negli anni Novanta si leggeva in terza elementare, oggi lo si legge in seconda media, altrimenti non viene compreso. È molto triste: segno di una semplificazione banalizzante, di un appiattimento dell’intelligenza critica che dietro il paravento delle nuove tecnologie, ma non solo, mortifica l’elaborazione di un pensiero divergente e di rapporti umani autentici».

Per il futuro allora dobbiamo aspettarci da Susanna Tamaro un nuovo libro per ragazzi? «Certo. Ci sto già lavorando. Ma non so ancora in che direzione mi porterà».
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