Pensioni, stop all'uscita a 57 anni per le donne

Pensioni, stop all'uscita a 57 anni per le donne
di Luca Cifoni
Domenica 16 Novembre 2014, 14:13 - Ultimo agg. 17 Novembre, 15:11
3 Minuti di Lettura
Ultima chiamata per la pensione a 57 anni e 3 mesi: scade di fatto tra pochi giorni la cosiddetta “opzione contributivo” grazie alla quale le donne possono lasciare anticipatamente il lavoro accettando in cambio un assegno previdenziale più basso perché calcolato con il meccanismo meno generoso. Più precisamente, potranno sfruttare questa possibilità le lavoratrici del settore privato che maturano i requisiti richiesti entro il mese di novembre, e quelle del pubblico che ce la fanno entro dicembre. Poi, a meno di ripensamenti legislativi che al momento appaiono improbabili, le porte si chiuderanno e sarà inevitabile restare al lavoro fino a cinque-sei anni in più.



SISTEMA SPERIMENTALE

Questo canale di uscita, introdotto dalla riforma Maroni-Tremonti del 2004, ha acquistato sempre più importanza dopo la legge Fornero che spostando in avanti di parecchio il traguardo della pensione, ha reso tutto sommato conveniente per molte accettare il sacrificio economico derivante dal calcolo contributivo applicato all’intera carriera (in media la decurtazione è del 25-30 per cento). Lo dicono anche i numeri: se nel 2009 la scelta era stata fatta da appena 56 lavoratrici, nel 2010 (quando ancora prima della riforma voluta dal governo Monti i requisiti hanno iniziato a stringersi) le lavoratrici coinvolte erano state 518.



Il numero è poi salito a 1.377 e a 5.646 nel 2012. Nel 2013 sono state liquidate 8.846 pensioni contributive e quest’anno si è arrivato ad un totale del tutto simile (8.652) già nel mese di settembre: per cui è prevedibile un bilancio finale intorno a dodicimila.

Poi, nel 2015, toccherà alle lavoratrici che stanno maturando il diritto in questi mesi. Ma saranno appunto le ultime. La legge scritta dieci anni fa dall’allora governo Berlusconi prevedeva l’opzione contributivo come regime sperimentale fino al 2015, da verificare e poi eventualmente confermare. Ma la scadenza è in realtà anticipata di un anno, perché a questo canale si applica ancora il vecchio regime delle finestre, abolito dalla riforma Fornero: dunque tra la maturazione del diritto con 35 anni di contributi e 57 e 3 mesi di età (58 e 3 mesi per le lavoratrici autonome) deve poi passare un anno (uno e mezzo per le autonome).



In una sua circolare, l’Inps ha interpretato la questione specificando che il termine del 31 dicembre 2015 va riferito al momento dell’uscita effettiva e non a quello del conseguimento del diritto. Ecco perché il tempo è già scaduto per le lavoratrici autonome e si avvia a scadere per le dipendenti: quelle del privato per poter andare in pensione entro il primo dicembre 2015 (ultima data utile) devono maturare i requisiti entro novembre, mentre le pubbliche, che per le vecchie regole Inpdap hanno la possibilità di uscire in qualsiasi giorno del mese, potranno arrivare anche al 30 dicembre, un anno prima dell’ultimo giorno del 2015.



Eppure fino a poco tempo fa le potenziali interessate (alcune delle quali si sono anche riunite che in un comitato che è arrivato a prospettare una class action) speravano che la storia potesse proseguire; e che intanto venisse concesso anche il 2015 come anno utile per conseguire i requisiti. In Parlamento sono state approvate risoluzioni in tal senso ma senza esito: non è tanto l’Inps a resistere ma il ministero dell’Economia che evidenzia la necessità di coperture finanziarie. Se è vero infatti che le pensioni contributive costano mediamente meno di quelle retributive, è anche vero che la prosecuzione dell’opzione donna porterebbe alla liquidazione anticipata di migliaia e migliaia di trattamenti, con il conseguente effetto di cassa.



LA RIFORMA DELLA PA

Il tema era stato preso in considerazione anche nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione: per favorire l’ingresso di giovani negli uffici dello Stato e delle amministrazioni locali si ipotizzava addirittura di estendere l’opzione contributivo agli uomini. Ma la proposta, comparsa anche in alcune bozze del provvedimento, non ha avuto seguito. Dal primo gennaio quindi si applicheranno solo i requisiti generali che permettono la pensione di vecchiaia con 63 anni e 9 mesi di età (66 e 3 mesi nel pubblico) e quella anticipata con 41 anni e 6 mesi di contributi. Requisiti destinati ad essere progressivamente elevati nei prossimi anni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA