La morte di Lino
e la città che tollera

Sabato 1 Dicembre 2012, 09:46 - Ultimo agg. 4 Dicembre, 10:11
3 Minuti di Lettura
Caro direttore,

c' un parametro - una variabile - che non sar mai rivelato e considerato da un'indagine sulla vivibilit delle citt italiane. La variabile sms. Un sms che tarda ad arrivare o mai inviato ha reso possibile l'omicidio di Pasquale Romano, vittima innocente della camorra. Sono convinto come Erri De Luca che i risultati di quella ricerca restituiscono il messaggio di una Napoli invivibile senza tener realmente conto della qualità e del gusto della vita presenti nelle città oggetto di studio, ma solo dei servizi pubblici e integrati offerti, tempi di attesa ecc.

Sono altrettanto sicuro però che ci vuole e ci deve essere coraggio in questa città, il coraggio di vivere normalmente, nonostante la camorra. Le chiedo: può mai essere vivibile una qualsiasi città che convive con la camorra?



Luigi Felaco - NAPOLI





*******



Caro Felaco, la sua domanda - di buon senso - purtroppo è attuale da decenni. Una città normale, europea con la storia di Napoli, non dovrebbe convivere nemmeno un minuto con l’illegalità diffusa che ne scandisce le giornate.



Eppure c’è un ventre molle che tollera e che non solo non muove un dito, ma non alza nemmeno il sopracciglio davanti agli scempi a cui assiste.

Dopo la bellissima ed intensa fiaccolata che è seguita all’indignazione popolare per l’omicidio del povero Lino, con la chiesa guidata dal cardinale Sepe in testa, ne è seguito per fortuna il rosario degli arresti ma purtroppo non il salto di qualità nella risposta civile che ci saremmo aspettati.



È la solita storia che si ripete a Napoli (il grande De Andrè lo racchiudeva in una strofetta del suo Don Rafaè con lo Stato che si indigna, poi getta la spugna) e che non trova l’energia giusta per spezzare il circolo vizioso della passività e dell’omertà. La situazione, poi, è oggettivamente peggiorata con l’aggravarsi della crisi economica e con la fila di mamme pronte a raccomandarsi al telefono con i boss affinché i loro figli trovino un posto di lavoro, come hanno dimostrato illuminanti intercettazioni telefoniche appena pubblicate.





E allora, che fare? Non mi dispiace l’idea di trapiantare strutture dello Stato o comunque istituzionali in quartieri come Scampia: dall’università ad un nuovo policlinico fino a strutture sportive, ma non senza aver assicurato ai suoi abitanti quei servizi minimi che li facciano sentire cittadini di Napoli.





P.S. Modesta proposta: la smettano i politici di tutta Italia di venire a Napoli per “scoprire” Scampia, aggirandosi con visite mordi e fuggi tra le sue strade come in un lunapark del terrore. È un pezzo d’Italia anche se spesso, non per colpa dei tanti onesti che vi abitano, assomiglia a Ramallah.









Invia le tue mail a



letterealdirettore@ilmattino.it



























© RIPRODUZIONE RISERVATA