De Laurentis compra lo stellato Palazzo Petrucci a Napoli

Aurelio De Laurentis
Aurelio De Laurentis
di Luciano Pignataro
Mercoledì 17 Giugno 2015, 16:30 - Ultimo agg. 18 Giugno, 22:12
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La Filmauro della famiglia De Laurentis si è aggiudicata all’asta i locali del ristorante stellato Palazzo Petrucci in piazza San Domenico Maggiore. Si chiude così con un colpo di scena una vicenda molto tormentata iniziata quattro anni fa con l’esproprio immobiliare alla società proprietaria. La Filmauro è intervenuta al primo ribasso accettando la seconda offerta che si aggira intorno ai 500mila euro (la procedura al Tribunale di Napoli a lungo su sito internet è la 135 del 2011).

Il cambio di mano dell’immobile al momento non pregiudica l’attività del ristorante che è gestito dall’imprenditore Edoardo Trotta, proprietario tra l’altro di altri spazi nello stesso palazzo costruito nella seconda metà del ’400, e che lo scorso anno ha aperto la pizzeria al posto dello storico bar della piazza.



Una semplice mossa immobiliare? L’ingresso di De Laurentis avrà conseguenze per i destini della cucina stellata? «Siamo appena alle prime battute - precisa il presidente - anche perché l’atto deve ancora essere perfezionato. Ho avuto modo di conoscere il giovane imprenditore che ha creato il ristorante, mi ha fatto un’ottima impressione e ne parleremo insieme. Io nel frattempo sono contento di aver messo piede in una delle piazze più belle del mondo, dove sento l’anima di Napoli e delle mie stesse radici». Pare che il patròn del Napoli abbia addirittura accarezzato l’idea di comprare casa qui.



«L’arrivo di De Laurentis è per me motivo di vanto - dice Edoardo Trotta - vuol dire che in questi anni abbiamo creato qualcosa degna di attenzione da parte di una persona così importante. Ovviamente da parte mia c’è tutta l’intenzione di continuare a portare avanti il progetto che si è rivelato vincente pur tra mille difficoltà, tipiche di Napoli».



La decisione di De Laurentis di comprare i locali di Palazzo Petrucci non è comunque estemporanea. Da tempo il presidente punta ad un investimento massiccio nella gastronomia. «Mia cugina Giada - dice- è una vera propria star della Tv negli Stati Uniti dove la cucina napoletana e italiana sono dei must e appassionano una massa sempre più grande di pubblico di appassionati».



Scava, scava, scopriamo che nel 1929 a Torre Annunziata, all’epoca principale polo campano, c’era «Aurelio de Laurentis Pasta di Lusso». Si, proprio il nonno. Mentre uno zio anticipò Farinetti aprendo al Columbus Circus una gastronomia specializzata in prodotto italiani ed europei.



«Ho l’ambizione, con mio figlio Luigi - racconta il presidente - di realizzare un progetto gastronomico importante iniziando da Londra e Napoli, le due città dove esiste il culto del bello e la gente si veste ancora bene. Mi affascina l’idea di portare le nostre tradizioni partenopee nel mondo».



A Londra Luigi sta studiando la situazione con Arcangelo Dandini, un riferimento per la cucina e la memoria della tradizione romana, titolare dell’omonimo ristorante e autore di numerose pubblicazioni.



A Palazzo Petrucci è arrivato dopo una cena con il gastronomo napoletano Maurizio Cortese, creatore con Stefano Bonilli, il fondatore del Gambero Rosso scomparso lo scorso anno, della Gazzetta Gastronomica e noto per aver curato due aperture di successo in città, 50 Kalò a piazza Sannazzaro e Meatin’ al Vomero.



La cucina di Lino Scarallo gli è piaciuta: il cuoco napoletano infatti si accosta alla tradizione senza tradire i sapori, lavorando di tecnica per alleggerire i piatti e presentarli in maniera divertita e più leggera. Famosa, ad esempio, la sua pastiera nel bicchiere. Ed è stata proprio questa la chiave del successo di questo locale aperto nel 2007 che dopo il primo anno di attività ha riportato a Napoli una Stella Michelin che mancava da molti anni.



Complici la crisi, la ripresa delle pizzerie e la vitalità delle autentiche trattorie familiari (se ne contano almeno 60 con più di mezzo secolo di attività) i ristoranti di fascia media faticano ad imporsi. Del resto in città, ad eccezione dell’Hotel Romeo, non si sono ancora verificati investimenti significativi nel campo della ristorazione da parte dei grandi alberghi, le uniche strutture che in Italia possono sopportare anche perdite di gestione in cambio di immagine. In Campania questo fenomeno c’è in Penisola, a Ravello, Capri e Ischia, ma non in città e questo pesa perché i locali gourmet non riescono a fare massa critica.



Ecco perché il ruolo di Palazzo Petrucci è stato importantissimo in questi ultimi otto anni, dimostrando che è possibile uscire dalla tradizione in senso stretto riuscendo ad avere successo di pubblico oltre che di critica.

Cosa succederà adesso a piazza San Domenico Maggiore? Chi vivrà, berrà.

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