Amnèsia a Napoli, mamme in rivolta: controllare i bar della movida

Amnèsia a Napoli, mamme in rivolta: controllare i bar della movida
Giovedì 30 Luglio 2015, 08:32 - Ultimo agg. 08:42
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Controlli nei bar della movida dopo l’episodio che ha coinvolto tre ragazzini napoletani devastati dal fumo di una «canna». Carabinieri in borghese sorvegliano i locali più frequentati dagli adolescenti soprattutto nelle sere del fine settimana anche se le vacanze per molti sono già iniziate e il movimento si sta lentamente spostando verso i luoghi di villeggiatura.



In ogni caso è scattata la guerra all’amnèsia, a Chiaia ma non solo. Una droga devastante per il cervello e la psiche in grado di creare una rapidissima dipendenza in chiunque la assuma. I militari in queste ore stanno cercando di capire che cosa ci sia davvero in quell’erba che, negli ultimi tempi, sembra stia prendendo sempre più piede soprattutto tra i giovanissimi. E mentre le indagini vanno avanti, scendono in campo le mamme che a gran voce chiedono maggiori controlli. E non solo per quanto riguarda le sostanze stupefacenti: «A chi dice che è colpa nostra se i ragazzi fanno uso di alcol e droga, rispondiamo che è troppo facile scaricarci addosso responsabilità che non ci appartengono».



Alessandra, 46 anni, mamma di uno studente del liceo Mercalli, abituale frequentatore dei baretti di Chiaia, si rivolge alle forze dell’ordine: «Come è possibile che i gestori dei locali vendano senza alcun problema alcol ai minorenni? Lo sanno tutti che nei bar, ma anche al supermercato, ti danno quello che vuoi. Basta pagarec». Tante anche le telefonate giunte in redazione da parte di genitori esasperati e disperati: «Mia figlia è uno zombie - racconta una mamma che chiede di rimanere nell’anonimato - ha 30 anni, ha cominciato a fumare cannabis che ne aveva 16. Adesso è affidata ai servizi sociali, rovinata dalla droga, non vive più neanche con me. Credetemi ho lottato in ogni modo, ho fatto tutto quello che era in mio potere per cercare di tirarla fuori. Non c’è stato niente da fare. Ma non bisogna mollare, è un problema di cui dobbiamo continuare a parlare per tenere alta l’attenzione ed evitare che altri ragazzi finiscano come lei». La brutta storia che ha coinvolto i tre adolescenti napoletani ha riportato all’attenzione di tutti un dramma che, troppo spesso, resta chiuso tra le pareti domestiche.



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