Polimeni: «Modello Toscana, sì alle Case della salute»

Polimeni: «Modello Toscana, sì alle Case della salute»
di ​Paolo Mainiero
Martedì 15 Dicembre 2015, 13:47
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Sarà a Napoli quando, lui si augura quanto prima, gli sarà notificato il decreto di nomina. Ma Joseph Polimeni, il nuovo commissario alla Sanità in Campania, è già concentrato sul lavoro che lo attende. Da esperto chiamato al capezzale di una sanità malata, sa che occorre una cura mirata. Anche dolorosa.

È una bella sfida, commissario?
«Vorrei fare una premessa. La Campania è una grande regione, importante, popolosa, che merita una buona sanità. Ha grandi eccellenze, ha una variegata presenza di ottime risorse sul territorio. Ci sono margini di miglioramento notevoli. La sfida è complessa ma credo che, unendo le forze, ci siano tutti i presupposti per fare un buon lavoro. Io, da commissario, ho un compito essenziale: garantire il piano di rientro rispetto all’equilibrio economico-finanziario e alla corretta applicazione dei Lea».

Nei Lea la Campania non è più ultima, è già un buon punto di partenza?
«Si può ancora migliorare intervenendo, per esempio, sulla prevenzione, sugli screening, sulla medicina territoriale. C’è un punto da tenere ben chiaro. Vi sono operazioni che richiedono investimenti e quindi l’utilizzo di risorse. Per queste operazioni dobbiamo sperare che il governo ci sostenga adeguatamente. Vi sono poi cambiamenti che richiedono coraggio e capacità di organizzazione. Su questo piano tocca a noi decidere, anche facendo scelte difficili».

In Campania, tra le scelte difficili da fare, c’è sicuramente l’applicazione del piano ospedaliero. Intervenire sugli ospedali, magari anche per chiuderli perchè poco funzionali e quindi insicuri, è praticamente impossibile per le resistenze dei cittadini ma pure di tanti politici che difendono il loro orticello. Come pensa di farcela?
«Tutto il mondo è paese, non succede solo in Campania. Per la mia esperienza potrei raccontarle mille aneddoti. Purtroppo è vero, nessuno vuole che si tocchi l’ospedaletto sotto casa da trenta posti letto».

Racconti un aneddoto.
«Ero direttore generale a Pisa, all’ospedale di Volterra c’era un punto nascita da 98 parti all’anno laddove l’Organizzazione mondiale della sanità prevede come soglia di sicurezza almeno 500 parti. Ebbene, ricordo consigli comunali infuocati, mamme incatenate».

Come riuscì a convincerli?
«Andai a Volterra, incontrai i cittadini, gli spiegai che poteva anche essere bello leggere sulla carta di identità “nato a Volterra”. Ma aggiunsi che non era sicuro, gli feci capire che in quel punto nascita c’erano molte più probabilità che nascessero bambini con patologie gravi. Alla fine si convinsero».

Molti sindaci però sostengono che vi sono determinate aree, quelle interne per esempio, dove raggiungere un ospedale attrezzato richiede molto tempo. In questo caso che si fa?
«Il tema delle zone disagiate c’è ma va valutato caso per caso a seconda della viabilità, dei tempi di percorrenza. Se occorre oltre un’ora per raggiungere un ospedale è possibile immaginare una deroga. Ma è chiaro che le deroghe devono essere limitate. Altrimenti non sono più deroghe».

Immagino che abbia letto dell’emergenza barelle...
«Una buona organizzazione dei Pronto soccorso è determinante, a partire dalla ottimizzazione dei flussi e dalla gestione dei tempi di attesa. In questo senso, la prossima apertura dell’Ospedale del Mare sarà molto importante. Bisogna mettere i medici e gli infermieri in condizioni di lavorare, di capire in tempo reale, mediante un processo di informatizzazione, qual è la situazione statica e dinamica dei posti letto. Da commissario non ho potestà nè legislativa nè gestionale e la mia è una funzione di indirizzo e di controllo. Ma in piena collaborazione con i direttori generali, che mi auguro siano nominati quanto prima, dovremo intervenire sui punti deboli del sistema».

Tra i quali c’è sicuramente la medicina territoriale. Gli ospedali si intasano perchè spesso sui territori le risposte sono tardive se non inesistenti.
«La Campania ha tante strutture di eccellenza, dal Cardarelli al Pascale, al Monaldi. Ma una buona sanità non ha bisogno solo di grandi strutture. La mia idea è che tanti piccoli ospedali vadano riconvertiti. In Toscana c’è stato un notevole investimento sulle Case della salute, strutture visibili, percepibili, dove si può fare diagnostica di primo livello e che possono essere punti di primo soccorso. Il ricorso all’ospedale va ridotto al minimo, occorre entrare nella logica di una corretta applicazione del triage».

C’è un punto però da cui non si può prescindere, il personale. Il blocco del turn over ha ridotto drasticamente il numero di medici e infermieri e chi è rimasto lavora in condizioni di grave sofferenza. Ci saranno nuove assunzioni?
«Il personale è fondamentale, la sanità ha bisogno di medici e infermieri preparati. In queste ore il governo sta lavorando a una soluzione e con l’incremento del fabbisogno legato alle normative europee c’è assoluto bisogno di assunzioni».