Caos giustizia, niente braccialetti elettronici: da oggi stop alle udienze

Caos giustizia, niente braccialetti elettronici: da oggi stop alle udienze
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 30 Novembre 2015, 09:09
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Saranno migliaia i braccialetti rossi mostrati in bella mostra. Saranno tanti quanti ne mancano - a Napoli e in altri contesti difficili - per rendere esecutiva ed efficace la norma che avrebbe dovuto offrire una possibilità alternativa al carcere. Parliamo dei braccialetti elettronici (anche se nei fatti si tratta di congegni piazzati alla caviglia), nati alla fine degli anni Novanta per decongestionare le carceri e assicurare l’esecuzione delle condanne nel chiuso di un domicilio.

Una possibilità mai decollata del tutto, come denunciano le camere penali del distretto napoletano, in piena sintonia con gli altri direttivi italiani. Una questione su cui i penalisti varano un nuovo pacchetto di scioperi (dopo quelli di inizio novembre), con l’astensione dalle udienze da oggi al prossimo venerdì quattro dicembre. Un problema nazionale, con inevitabili ripercussioni in un distretto difficile come quello napoletano: se ne discute questa mattina alle 11.30, in una conferenza stampa in piazza Cenni (Palazzo di giustizia) tenuta dal presidente della Camera penale Attilio Belloni e dagli altri esponenti della sua giunta.

Iniziativa fortemente voluta dall’osservatorio carceri, il cui responsabile nazionale è il penalista napoletano Riccardo Polidoro, anche alla luce dei dati statistici raccolti in questi mesi. Qualche numero per chiarire le idee a tutti: gli apparecchi elettronici attualmente a disposizione sono circa 2000 e costano allo Stato 11 milioni di euro l’anno (5500 euro l’uno), versati a una compagnia telefonica che ha incassato 80 milioni di euro dal 2001 al 2011, per l’utilizzo dei primi 114 braccialetti. Numeri bassi, se si pensa che in questo decennio sono stati in realtà pochissimi quelli utilizzati. Confermano tutto i vertici della Camera penale di Napoli, alla luce della particolare «giurisprudenza» presente sul territorio. Si parte da uno slogan: «Il braccialetto elettronico? Non c’è e tu resti in galera». Come a dire: quando un giudice decide di disporre una pena alternativa al carcere, come i domiciliari condizionati all’applicazione del controllo elettronico, si trova di fronte alla mancanza di dispositivi. Quindi? Si decide di fare marcia indietro, e di lasciare in carcere un detenuto che invece poteva cominciare un percorso di riabilitazione agli arresti domiciliari. Un fenomeno variegato, si parla anche di liste di attesa cui sono sottoposti i detenuti nella speranza che venga reperito un bracciale elettronico. Per qualche giorno, infatti, i detenuti napoletani entrano in una sorta di «limbo», dove possono sperare di lasciare il carcere, solo a condizione che venga trovato un apparecchio elettronico. Quasi sempre, di fronte alla mancanza di congegni, lo scenario resta immobile: carcere per chi poteva essere scarcerato, un procedimento giudiziario che aveva dato esito favorevole che viene vanificato da una carenza endemica. Spiegano i penalisti: «Il sondaggio promosso dall’osservatorio descrive una situazione raccapricciante per uno stato di diritto. Restare in carcere, pur potendo uscire dalla cella, era ed è davvero inimmaginabile». Quindici anni fa dovevano «risolvere» l’emergenza sovraffollamento delle carceri, oggi sono sotto accusa. Meccanismi costosi, non in linea con la tecnologia informatica e digitale dei nostri tempi, i braccialetti oggi saranno sventolati nelle camere penali italiani, ovviamente in modo simbolico. Ce ne sono novemila, sembrano i contrassegni colorati di un villaggio vacanze, sono l’obiettivo polemico dell’astensione dalle udienze che ha inizio questa mattina. Stop ai processi, a meno di un mese dalla protesta - tutta napoletana - sulla carenza di personale amministrativo a Napoli e nel Tribunale di Napoli nord.