Casalesi, il riesame: «Anomalie nel blitz per la cattura del boss Zagaria»

Casalesi, il riesame: «Anomalie nel blitz per la cattura del boss Zagaria»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 2 Settembre 2015, 09:12 - Ultimo agg. 11:22
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Anomalie e approssimazione nella gestione del blitz che portò all'arresto del boss Michele Zagaria. Lo scrivono i giudici del Tribunale del Riesame, nel confermare gli arresti dell'imprenditore Orlando Fontana, ritenuto responsabile di aver versato 50mila euro nelle mani di un ignoto poliziotto, in cambio della pen drive con i segreti dell'ex superlatitante.



È la conclusione del Riesame (presidente Maria Vittoria Foschini, a latere Carmela Iorio e Maria Luisa Miranda), che non esita a bacchettare l'operato della polizia, nella ricostruzione di quanto avvenne in via Mascagni a Casapesenna, il 7 dicembre del 2011. Ricordate il caso dell'inchiesta di inizio luglio? Stando alla ricostruzione del pool anticamorra di Napoli, in occasione dell'arresto di Zagaria, sarebbe sparita una chiavetta, una pen drive a forma di cuoricino, che poi sarebbe stata restituita al clan di Casapesenna in cambio di 50mila euro. Tutto nasce da alcune intercettazioni del maggio 2012, quando l'imprenditore Augusto Pezzella racconta al fratello la storia della chiavetta, secondo quanto appreso dall'amico Maurizio Zippo, altro soggetto ritenuto legato ai casalesi. Una storia che viene confermata dinanzi alla Procura dallo stesso Augusto Pezzella, ascoltato dai pm anticamorra pochi giorni prima dell'udienza del Riesame.



Quanto basta, scrivono i giudici, a confermare gli arresti per corruzione a carico di Orlando Fontana, che viene chiamato in causa sia nel corso delle intercettazioni, sia nel corso della deposizione testimoniale dello stesso Augusto Pezzella. Inchiesta con un imprenditore detenuto, condotta al momento contro ignoti, è caccia al presunto poliziotto infedele, che avrebbe trafugato la pen drive e che l'avrebbe consegnata a Fontana, in cambio di soldi. Il supporto informatico era poi destinato a Francesco Zagaria, cognato del boss, che nella intercettazione del Ros è indicato come il «casapesennese». Una ricostruzione accolta dai giudici del Riesame, che bacchettano anche la polizia per la gestione del blitz di via Mascagni. Decisiva una premessa: i tre poliziotti indicati dai pm, alla luce di intercettazioni e testimonianze, non sono indagati. Si tratta di Vittorio Pisani, Alessandro Tocco e Guido Longo, che hanno avuto il merito di mettere le manette ai polsi del latitante di lunga durata.



Ma ecco le chiose firmate dal presidente Foschini, quando si sofferma sul «contesto complessivo» in cui si svolse il blitz: «Le lunghe operazioni che precedettero la fuoriuscita di Zagaria dal bunker furono caratterizzate da grossa confusione e da qualche approssimazione (specie se si considera la caratura professionale dei funzionari di polizia impegnati)».
Poi: «Veniva consentito al ricercato di lavarsi e cambiarsi gli abiti. Accanto alla anomalia della doccia, concessa all'arrestato all'interno del covo, anche quella della sua mancata perquisizione personale, per cui solo all'arrivo di Zagaria a Novara, (dopo aver trascorso una notte in transito nel carcere di Secondigliano), veniva rinvenuta sulla sua prsona la somma di 1200 euro».




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