Rossellina, segregata in casa per nove anni: la scoperta choc con lo sfratto|Foto

Rossellina, segregata in casa per nove anni: la scoperta choc con lo sfratto|Foto
di Chiara Graziani
Giovedì 6 Novembre 2014, 03:13 - Ultimo agg. 7 Novembre, 15:39
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«Hanno lottato» dice a sera una vicina dalla porta socchiusa. Due donne, madre e figlia, avvinghiate per non farsi portar via da una casa invasa da avanzi, odori e patetici giocattoli alla quale bussavano, dalla mattina, poliziotti ed infermieri. Geppina e Rossellina, l’amore carceriere di una madre, svelato da uno sfratto. Uno sfratto crudele, «una cattiveria», dicono i vicini. Uno sfratto cattivo che ha rivelato una storia incredibile, dove l’amore è stato un cannibale.

Due vite che si sono nutrite l’una dell’altra, per trent’anni, divorandosi a vicenda.

La mamma, Geppina, 59 anni, fioraia di strada a Miano, era stata la chioccia di Rossellina, 31, cresciuta senza il padre che reclamava la prova del Dna per riconoscerla. Trent’anni insieme nella casa occupata abusivamente al decimo piano nei pressi di via Janfolla. Negli ultimi nove Rossellina era scomparsa dalla circolazione. Chiusa al decimo piano con le sue Barbie principessa, la giraffa di pezza. E la sua laurea in ingegneria aerospaziale che non è esattamente una banalità, dicono i vicini, e che lei aveva conquistata una borsa di studio dopo l’altra. Poteva avere tutto, Rossellina. Era bellissima, bionda e delicata, dieci anni fa, racconta chi la conosce. Intelligente e tenace. Ma da quella casa occupata nell’80 da sua madre - in un rione Iacp che occupato è interamente da dopo il terremoto - non ha mai spiccato il volo.

Ieri l’hanno trovata grassa, sformata, in pigiama, i capelli acciuffati dietro la nuca e stretta alla mamma che le intimava di non parlare con gli estranei. «Non rispondere Rossellina, lasciatela, non passatele neppure vicino». Mamma Geppina l’ha difesa come una gatta il cucciolo. E, alla fine, l’amministrazione comunale ha autorizzato il trattamento sanitario obbligatorio al vecchio Policlinico per quella mamma gatta convinta che la figlia fosse ancora il cucciolo che portava ai Salesiani tutte le mattine, badando bene di non lasciarla sola neppure per un attimo. Neppure con gli amichetti andava a studiare, Rossellina. «Ho sempre studiato sul mio letto», ricorda e racconta.

Di loro, dimenticate da tutti, s’è ricordato l’istituto autonomo delle case popolari. Occupanti abusive, un affitto pendente di 60mila euro. «Che c’entra?» s’infuria una vicina, Anna, che alle due voleva bene. «Qui siamo tutti abusivi, dall’80. Ci vogliono portare via con le camionette?».

Ieri mattina il dispositivo, così si chiama, intanto è scattato per le due donne inermi nella casa delle Barbie, dei rifiuti e, come si è scoperto, dei bisogni corporali fatti in un bidoncino per evitare di far finire i lavori di ristrutturazione del bagno. Alle otto di mattina sono partiti dal commissariato di Scampìa, un plotone di divise varie. Alle nove bussavano alla porticina dietro la porta tagliafuoco che chiude il pianerottolo. Alle 17, dopo la lotta perdente della gatta contro psicologi, infermieri e divise, gli operai hanno iniziato a murare la porta.

Dietro, ora, rimane per sempre la piccola Pompei di Rossellina e Geppina che non ebbero marito o padre o un lavoro fisso ma solo un sogno di perfezione e sicurezza: resteranno lì dietro le Barbie appese al lampadario di cartapesta in bagno, la giraffa di pezza e la foto con la faccia d’angelo che un poliziotto ha visto nella cameretta in mezzo a rifiuti e cartacce. Resteranno lì i bidoncini per i bisogni che mamma Geppina svuotava da sola dabbasso. I ricordi della laurea, dei Salesiani, di un padre che voleva da lei la garanzia. La mamma finirà in qualche ricovero dopo il trattamento sanitario obbligatorio. La figlia potrebbe trovare accoglienza da una zia. La storia, per tutti, è finita. Sepolta dietro una porta murata.

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