Coniugi uccisi a Giugliano, caccia all’arma: la cava è un cimitero di ferro

Coniugi uccisi a Giugliano, caccia all’arma: la cava è un cimitero di ferro
di ​Mariano Fellico
Sabato 25 Aprile 2015, 10:09 - Ultimo agg. 10:12
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GIUGLIANO. Una ricerca ostacolata dalla presenza di rifiuti e da materiali ferrosi nell’acqua. Il metal detector è impazzito. È stato quasi impossibile, ieri mattina, per gli agenti del Commissariato di polizia di Giugliano, i vigili del fuoco e i militari dell'Esercito, tentare di trovare la pistola utilizzata nel duplice omicidio di Luigi Simeone e della moglie Immacolata Assisi.



Per buona parte della giornata, le forze dell’ordine, coordinate dal primo dirigente Pasquale Trocino, hanno controllato la cava di Masseria Monticelli. Intorno alle 10, infatti, i militari dell’Esercito e i vigili del fuoco, con delle imbracature, si sono calati ai piedi della parete rocciosa. Oltre una quarantina di metri a strapiombo alla cui base c’è una fitta vegetazione e poi un laghetto, zona dove non mancano i rifiuti. E proprio per la presenza di materiali ferrosi all’interno del laghetto, che altro non è che l’affioramento in superficie della falda acquifera, non ha permesso l’utilizzo del sofisticato metal detector in dotazione ai militari. «Ci sono troppi materiali ferrosi, il rilevatore impazzisce. Non si riesce a localizzare nulla» hanno affermato gli specialisti dell’Esercito.



In pratica, significa, che il fondo dello specchio d’acqua è come se fosse una sorta di «piscina metallica». Ma le forze dell’ordine non si sono arrese. I quattro uomini scesi giù con le corde, due militari e altrettanti vigili del fuoco, hanno avviato un’ispezione «a vista». Hanno controllato centimetro per centimetro la base del costone di roccia per una decina di metri, proprio dove sono stati rinvenuti i corpi. Poi, grazie ad un cavo di sicurezza, hanno scandagliato il fondo del laghetto. L’operazione non è stata facile, anche perché, il fondo paludoso e la profondità (dai trenta ai sessanta centimetri in pochi metri) era pericoloso per l’incolumità dei tecnici. «Bisognerebbe drenare la zona per cercare l’arma – hanno affermato gli esperti – ma è un’operazione molto lunga».



Lì, in quella cava, qualche tempo fa al centro di polemiche per la possibile apertura di una discarica di rifiuti ci sono arrivati lo stesso: c’è di tutto, dai servizi igienici ai classici sacchetti della spazzatura. E il degrado non ha permesso le operazioni. Tuttavia polizia, militari e vigili del fuoco hanno poi effettuato altre ricerche dove è stata ritrovata l’auto della coppia di coniugi di Melito. Con il metal detector sono stati ricontrollati i cespugli e gli angoli più remoti. Nulla. Nessuna traccia della pistola, una calibro 7.65, della borsa e delle chiavi della Fiat Multipla bianca di proprietà del 49enne di Melito. La coppia, secondo la ricostruzione della polizia, è stata uccisa in auto.



Successivamente i due cadaveri sono stati gettati giù dalla scarpata dell'invaso, l’auto parcheggiata e poi chiusa. Ma gli inquirenti della polizia non si arrendono. Avvieranno ad altri controlli. Verifiche che saranno di certo estese anche nelle aree circostanti della traversa anonima di via Ripuaria, zona dove sono stati uccisi marito e moglie. Nel taxi dell’uomo tracce di sangue e fogli di giornale aggrovigliati, come che chi li ha uccisi si fosse «pulito». Fuori l’auto diversi bossoli, sette, mentre uno era ad una cinquantina di metri dal luogo del delitto. Per trovare l’arma nel laghetto, sempre se la stessa è stata gettata li, ci vorrebbe una bonifica dell’intera area. Cosa impossibile visto che nell’epicentro della Terra dei Fuochi la giustizia deve fare i conti anche con chi sversa illegalmente.