Donna Matilde ritorna al suo Mattino: oggi l’anteprima del docufilm di Sky

Donna Matilde ritorna al suo Mattino: oggi l’anteprima del docufilm di Sky
di ​Antonella Cilento
Lunedì 20 Ottobre 2014, 11:00 - Ultimo agg. 15:03
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Donna Matilde multitasking: ecco cosa direbbero oggi i settimanali di Matilde Serao. Una donna, un mito, così come s'intitola la trasmissione che Sky le dedica consacrandola fra i vertici culturali e dell'immaginario di quel prezioso transito fra Otto e Novecento che ancora oggi, e così da vicino, ci parla.

VIDEO - Donne nel Mito - Matilde Serao (abstract)

Serao giornalista e scrittrice, ma anche fondatrice di giornali (questo, da cui leggete), instancabile organizzatrice culturale, opinion leader, critico letterario, madre e moglie: si sa, alle donne è chiesto di fare tutto, anche troppo, sin dai suoi tempi, pure, nessuna è stata così straordinaria e abile negli anni lontani della Belle Epoque napolitan-parigina. Ancor oggi un'editrice di successo, scrittrice e coordinatrice di eventi internazionali è un fenomeno ammirevole, figurarsi in quello scorcio di secolo dominato dai Carducci e dai D'Annunzio. E per di più a Napoli, a sud, dove far impresa – e impresa culturale – sembra da sempre impossibile e invece così non è, non per Donna Matilde.

Serao che sfiora il Nobel – e quanto lo avrebbe meritato, specie in considerazione del suo attivismo sociale e politico che Nel ventre di Napoli sancì, almeno quanto la stessa Deledda che lo conquistò e che proprio da lei era stata in prima battuta, ancora sconosciuta, recensita.

Serao narratrice di cortili, vicoli, palazzi, di anime e donne, di popolane e borghesi, della fitta rete familiare e familista che compone la città al passaggio della modernità, che poi il teatro, di Viviani e Scarpetta prima, e di Eduardo e Peppino poi, immortalerà. A lei ancora bisogna e bisognerà fare riferimento, nonostante le accuse di scarso controllo stilistico che, pur raccontandola in modo straordinario, la finissima Anna Banti le muoverà, per cogliere l'anima realista e insieme compassionevole, commossa e lucida che informa tanta narrativa dei decenni seguenti.

Un filo rosso che lega le autrici napoletane, e che da Serao prende le mosse, passa per Ortese e Ramondino: tutte diverse eppure tutte attente alla società e ai più deboli, alle creature avrebbe detto Ortese, che la popolano. E poi Serao innovatrice sul piano della comunicazione giornalistica, della satira di costume, del moscone ovvero della notizia fatua, della chiacchiera, eppure così inesorabile – e dunque ascoltata – nel dire e denunciare i mali della città.

Ecco dunque una donna che non riesce a ridursi a un ruolo, poiché la sua fame di lavoro è immensa e molti e ricchi i suoi talenti, incluso quello di madre e di moglie, se non rivoluzionaria modernissima, capace anche di tollerare le amanti del marito senza diventare vittima dell'infelicità.

Più forte di tutti, più seria, più entusiasta, incontenibile “avota popolo”, incarnazione dello spirito femminile vulcanico e imprenditoriale di Napoli. A distanza di oltre un secolo, ancora modernissima: leggere, fra la sua sterminata produzione letteraria, non tutta, certo, di eguale intensità e riuscita, i racconti che compongono Il paese di Cuccagna.

Gli ambienti ritratti in dettaglio, le credenze odorose, i ninnoli, le gelosie, i letti, il lotto, la riservata borghesia tinta di mezzogiorno e esuberante di riti, il cibo e le strade, mappe di una dinastia alimentare: «Fragalà piano piano aveva aperto un'altra bottega a San Pietro a Maiella, mettendovi un suo figliolo; poi più tardi un'altra bottega a strada Costantinopoli, verso il Museo Borbonico, mettendo un altro figliolo; e infine, alla sua morte, il suo primogenito aveva osato di affrontare la via di Toledo, ma nella sua parte più alta, aprendo una pasticceria a tre porte, cioè con tre botteghe all'angolo dello Spirito Santo, una magnificenza! (...) Tutte a marmi bianchi, a vetrine di nitidi cristalli ripieni di confetti colorati, a cassetti lucidi di metallo e vetri limpidi, ripieni di biscotti, ad alti vasi rotondi pieni di pastiglie, forti e dolci, per lo stomaco guasto e per la tosse, a scaffaletti di cristallo dove i pasticcetti, le sfogliate, si mantenevano in fila (...)la pasta di mandorla o la pasta reale a Natale, il sanguinaccio a Carnevale, il biscotto quaresimale in Quaresima, il mustacciuolo e la pastiera a Pasqua, l'osso di morto, fatto di mandorle e zucchero candito, il giorno dei Morti, il torrone per la festa di San Martino, la croccante, gli struffoli, il susamiello...».

Aleggia già qui, incluso nelle pagine dedicate a Napoli e alle sue molte province, interne e periferiche, dolorosamente e comicamente carnali, la penna sulfurea di Domenico Rea.

Donna Matilde: una, mille e imprescindibile.