di Daniela De Crescenzo e Cristina Liguori
Varcaturo. Solo un uomo ammette di aver visto il corpo di lei segnato dalle botte. «In estate al mare quando era i costume i lividi erano evidenti», racconta. Nella palazzina di Licola dove l’orco abitava con la donna che lo ha denunciato e con i tre ragazzi, invece, nessuno si è accorto di niente. O almeno così dicono i vicini.
«L’altra mattina sono arrivati i carabinieri - spiega la donna che abita proprio sopra l’appartamento dell’uomo arrestato per violenze sulla moglie e il più grande dei figli - e mi hanno chiesto chi abitava al primo piano.
Non ha visto niente la donna del piano di sopra, né quella del ballatoio accanto, non hanno visto Omar (il nome ovviamente è di fantasia) sul balcone annaffiato dall’acqua gelata, né hanno notato segni sul suo corpo nemmeno quelli della palazzina a fianco. Qua, in via Licola Mare, dove abitava fino a due giorni fa il torturatore, l’orrore è una abitudine. Lo squallore è talmente insopportabile da far sembrare quelli che solitamente chiamiamo quartieri ghetto, Scampia, Ponticelli, Secondigliano, quasi delle oasi di benessere: là ci sono chiese, e scuole, e centri culturali, e volontari che si dannano l’anima per dare una mano. In questa periferia dannata manca pure l’asilo, per trovarne uno bisogna fare qualche chilometro.
Fino a qualche anno fa c’era un centro anziani frequentatissimo da alcuni residenti, poi l’ultima amministrazione decise di chiuderlo. Troppo alti i costi di mantenimento, poca possibilità di tenerlo in vita, aperto e funzionante. Così l’unico presidio istituzionale, l’unica stanza che veniva usata da anziani, madri e bambini, sono state chiuse lasciando gli abitanti ancora più soli nel deserto.