Il racconto choc del ferroviere:«Io, sul treno, in balia dei teppisti quei ragazzi. Volevano uccidermi»

Il racconto choc del ferroviere:«Io, sul treno, in balia dei teppisti quei ragazzi. Volevano uccidermi»
di ​Francesco Vastarella
Venerdì 28 Agosto 2015, 08:08 - Ultimo agg. 19 Marzo, 01:57
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«Volevano uccidere me e il macchinista. Tutto per il rimprovero a un gruppo di ragazzi che stava sfasciando la carrozza. Mi hanno picchiato. Io mi sono rifugiato nella cabina di testa del treno. E loro sono tornati alla carica. Un branco feroce. Sembravano dannati. Hanno sfondato il vetro della cabina. Le schegge mi hanno colpito in volto. Mi sono accorto di essere insanguinato. Cinquanta minuti di assedio, circondati sui binari in attesa dei soccorsi. Il mio collega e io tremavamo. Un incubo. Per tutti noi una vita d’inferno sui treni. In balia di teppisti e criminali: da quelli che lanciano pietre contro i finestrini a chi minaccia perché non ha pagato il biglietto».

Angelo Franco, 58 anni, capotreno di lungo corso nelle Ferrovie, mette insieme le parole ma si sente dal tono della voce che è ancora sotto choc per quel che gli è capitato mercoledì sera, sulla tratta tra Napoli e Casoria. È da anni che Franco, originario della provincia di Caserta, lavora su quella linea. Ma mercoledì sera è stato terribile.



Partiamo dall’inizio. Lei era sul treno da Napoli a Caserta, via Casoria. Che cosa è successo?

«Eravamo ancora nella stazione centrale di Napoli quando sono stato avvicinato da un passeggero. Venite, fate qualcosa, mi ha detto. Ci sono dei ragazzi che stanno sfasciando la carrozza, fanno un chiasso infernale. Sono andato nel punto indicato e ho trovato i ragazzi che stavano combinando guai. E non si sono fermati neppure quando sono entrato. Smettetela, ho intimato. Tanto è bastato, che mi hanno aggredito».



Con parolacce?

«Fossero state solo quelle, sarebbe stato nulla. Ma non dimenticherò mai il linguaggio da camorristi utilizzato da ragazzini per le minacce».



Che cosa le hanno fatto?

«Mi hanno accerchiato. Di spalle. Un calcio al basso ventre, un cazzotto alla mandibola che ancora mi fa male. Gli spintoni. Chi ha assistito alla scena mi ha detto anche che mi hanno colpito alle spalle, a tradimento direi, con un bastone che avevano preso chissà dove. Si sono scatenati. Si è anche interposto un vigilante nella prima fase, prima che il treno partisse. Ma non c’è stato nulla da fare».



Tutto per così poco, un rimprovero?

«Purtoppo. Ma io dinanzi a una situazione del genere non potevo non intervenire. Non potevo non tentare di fermarli. Ma il peggio è avvenuto dopo».

Torniamo sul treno, dunque, che intanto è partito.

«Il treno andava avanti e loro andavano su e giù per le carrozze terrorizzando i passeggeri. Una decina di minuti, tanto ci vuole per arrivare a Casoria con il treno partito alle 19.51. L’epilogo a poche centinaia di metri dalle banchine della stazione. Dico epilogo, ma mi sbaglio. È invece l’inizio della parte più brutta. Poteva trasformarsi in una tragedia, qualche vita poteva essere spezzata».



Che hanno combinato i teppisti?

«Hanno tirato il freno a mano bloccando il convoglio. Una scelta ben meditata. Con il treno fermo erano ormai i padroni della situazione».



Perché dice ben meditata?

«Perché così hanno pensato di poter attuare indisturbati i loro propositi di vendetta verso di me e il macchinista, l’intero personale in servizio sul treno».



Lei che ha fatto?

«Sono corso verso la cabina di testa del treno, dove c’era anche il collega macchinista. Un attimo e sono riuscito a chiudere la porta. È stata una fortuna. Un secondo in più e sarebbero entrati. Immaginate che cosa poteva succedere con tutte le apparecchiature elettroniche e i comandi che avrebbero potuto azionare, magari facendo ripartire motore e ruote».



Dunque, vi siete barricati nella cabina. E poi?

«È cominciata la parte più inquietante dell’incubo. Siamo stati assediati. Calci contro le porte. Lanciavano di tutto. Tentativi di forzare la porta. Sembrava non finire mai».



Quanto tempo è durata?

«Adesso che lo dico non ci crederà».



Dica.

«Cinquanta minuti e più, prima di essere liberati, di poter uscire dalla cabina. Noi due ostaggi in balia di teppisti».



E gli aiuti? I soccorsi? Gli altri passeggeri?

«Non avremmo certo potuto pretendere che gli altri passeggeri ci aiutassero, che si mettessero di mezzo per fermare gli scalmanati. Impensabile. Con i telefonini abbiamo cominciato ad allertare le centrali delle forze dell’ordine».



A che ora?

«Lo ricordo benissimo. Erano le 20.01. È registrato sul mio telefonino. Alle 20.12 è partita la seconda telefonata».



Che cosa vi rispondevano?

«Dicevano che non c’erano pattuglie e mezzi disponibili subito in zona ma che sarebbero intervenuti il prima possibile».



Allora, a che ora sono arrivati i soccorsi?

«Alle ore 20.51. Sono spuntati gli agenti della Polfer partiti da Napoli a liberarci. Ma nel frattempo era successo ancora di tutto».



Ecco, riprendiamo il racconto dalle 20.01.

«Eravamo chiusi in cabina. Sono state aperte le porte delle carrozze. Molti passeggeri terrorizzati si sono lanciati sulla massicciata per evitare di essere colpiti. Purtroppo, sono scesi anche i giovanissimi teppisti. A questo punto, liberi di attaccarci su un altro fronte».









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