Eccolo il presunto boss Carlo Lo Russo, fratello di Salvatore, Giuseppe e Mario, a loro volta indicati ai vertici di un sistema criminale che ha dialogato spesso con il più compatto cartello dell’Alleanza di Secondigliano. Una scarcerazione che non nasce da un black out del sistema giudiziario napoletano, ma dalla conclusione delle condanne per droga incassate in questi anni. Niente decorrenza termini, né intoppi processuali, qui il ritorno a casa è provocato dalla conclusione della pena inflitta anni fa in via definitiva. Era stato ritenuto responsabile di ingenti traffici di droga, in contatto con il clan Vollaro, cosca quest’ultima radicata a Portici e dedita prima al contrabbando di sigarette poi, dall’inizio degli anni Novanta, ai traffici di droga.
Difeso storicamente dal penalista Ercole Ragozzini, Carlo Lo Russo vive tra Miano e Capodimonte, in una zona che ormai da anni ospita la famiglia dei cosidetti «capitoni».
Inafferrabili per definizione, i Lo Russo, tanto che in questo periodo la loro zona è al centro di un rigoroso pressing investigativo. Droga, falso, riciclaggio, scommesse clandestine, ma anche racket del calcestruzzo e pressioni sugli uffici comunali per ottenere licenze di condono edilizio: eccolo il core business del clan Lo Russo, cresciuto in questi anni con solide ramificazioni anche nel centro storico.