La mamma: «Mio figlio ucciso nella faida di camorra, non mi ha ascoltato»

Addolorata della Vedova
Addolorata della Vedova
di Daniela De Crescenzo
Sabato 5 Settembre 2015, 08:44 - Ultimo agg. 12:00
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«Non è giusto che una mamma debba soffrire come un cane. I nostri figli devono finalmente capire il pericolo che corrono e il dolore che possono darci facendosi ammazzare: io, da quando non c’è il mio Emanuele, mi sto distruggendo. Sto morendo piano piano. A tutti ripeto quello che ho detto agli amici di mio figlio dopo il funerale: se pure non siete dei camorristi, se commettete dei piccoli reati, smettetela, fate una vita onesta e finalmente potrete dormire tranquilli. E anche noi genitori troveremo pace».

Addolorata della Vedova è la madre di Emanuele Esposito, ucciso in via Gasparini nella notte tra il 9 e il 10 luglio.

Una delle vittime della faida dei ragazzini che sta insanguinando il centro storico. Il 21 marzo, quando Papa Francesco venne a Napoli, la donna tentò di consegnargli una lettera: gli chiedeva di aiutarla a salvare il figlio che allora stava ancora in carcere. Poi il ragazzo è stato liberato e dopo tre mesi è stato ucciso. Proprio il giorno successivo al delitto la segreteria del Pontefice la contattò: troppo tardi.

Il procuratore Colangelo ha detto: «Le madri di questi ragazzi che si atteggiano a boss o a camorristi devono sapere che chi delinque ha come sbocco il cimitero o la prigione». E lei replica: «Sappiamo bene i rischi che corrono i nostri figli: vorrei avere il mio ancora qua almeno per dargli uno schiaffo. Vorrei dirgli: vedi come mi hai ridotta? Vedi quello che stanno soffrendo le tue bambine? Al mio ragazzo ho sempre detto ”fai una vita onesta”. Avrei preferito che tornasse in galera, perché non gli avrei portato né i soldi, né i vestiti, né il mangiare, così magari avrebbe capito. Non era un camorrista, ma aveva sbagliato e aveva pagato. La sua vita era in bilico, poi lo hanno ammazzato»

Addolorata è un fiume in piena. Si rivolge al killer: «Non so il motivo e non so la ragione, non so perché hai ucciso mio figlio. Non so se sei in una banda, non so se sei un uomo anziano, come mi hanno detto gli inquirenti. Ma so quello che voglio dirti: costituisciti. Costituisciti e pentiti davanti a Dio. A lui puoi chiedere perdono. A me no. Perché io non posso perdonare, per me e per le figlie di mio figlio che stanno soffrendo come non posso nemmeno raccontare. Ma se hai dei figli, se sei un papà ascoltami: io non voglio che ti facciano quello che hai fatto a me. Perciò ti dico: vatti a costituire, è la sola strada che ti resta».

E agli amici del figlio chiede: «Se sapete qualcosa, se potete dare una mano alle indagini, parlate. Fatelo subito. E fate una vita onesta: andate a vendere pure i calzini per la strada, ma non fate reati. Anche se non siete assassini, lasciate perdere tutto quello che vi mette in pericolo. Non date alle vostre madri lo stesso dolore che sto patendo io». Poi l’invocazione: «Le mani di questi assassini si devono fermare: che Dio li fulmini».

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