Napoli. Parla Massimo Massaccesi: «Io, innocente in carcere. Uno choc che segna la vita»

Napoli. Parla Massimo Massaccesi: «Io, innocente in carcere. Uno choc che segna la vita»
di Giuseppe Crimaldi
Domenica 19 Aprile 2015, 09:59 - Ultimo agg. 18 Marzo, 12:43
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Non usa mai la parola «ingiustizia». Pesa le parole, e - per quel che può - continua a sottolineare un punto: «Se ho deciso di dire quello che penso non lo faccio nel mio nome, ma in quello dei tanti che non hanno voce e che talvolta finiscono con il subire la mia stessa sorte».

Una vita spesa nelle aule delle commissioni tributarie provinciali di Napoli, ma anche scandita da un'esistenza fuori dalle aule di giustizia, magari anche nei salotti buoni della città e dell'isola di Capri, dove presiedeva il prestigioso Yacht club. Poi, un giorno, come fulmine a ciel sereno alla porta di casa bussano gli agenti della polizia giudiziaria per arrestarlo con l'accusa di essere stato uno degli ingranaggi dell'associazione per delinquere che aveva come scopo quello di aggiustare le sentenze in materia fiscale. Massaccesi ha conosciuto anche il carcere di Poggioreale. Otto lunghi giorni, prima di essere trasferito ai domiciliari



Crede di avere subìto un'ingiustizia?



«Ingiustizia è una parola forte per me. Avendo esercitato per tanti anni le funzioni di giudice tributario a Napoli non posso dimenticare il senso che ha ispirato il mio lavoro: la giustizia. Ho un rispetto per la legge e per la giustizia tale da non farmi prendere dalle emozioni, oggi come ieri, da indagato: e ciò mi induce a mantenere un comportamento sobrio e consono al giuramento che ho fatto quando entrai nei ranghi della magistratura tributaria».



Scusi se insisto: ma lei si sente o no vittima di una ingiustizia dopo essere stato arrestato con accuse anche gravi per reati che poi un pm ha ritenuto di dovere archiviare?





«Del mio caso preferisco non dire. Piuttosto vorrei rispondere a questa domanda con una riflessione. Io sono stato messo in prigione, e oggi - come qualunque cittadino - mi chiedo solo se quella misura cautelare, la più estrema e cioè il ricorso alla galera, fosse davvero la soluzione più giusta e più adeguata. Sto parlando degli arresti in carcere, una situazione che - se vissuta - finisce inevitabilmente con il lasciarti il segno. Mi chiedo allora se - di fronte a persone che nella loro vita hanno sempre dato prova della loro integrità e onorabilità - sia giusto arrivare a queste soluzioni».









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