Immigrati, braccio di ferro tra i prefetti e il Viminale. Morcone: «I funzionari? Sono uomini di Stato»

Immigrati, braccio di ferro tra i prefetti e il Viminale. Morcone: «I funzionari? Sono uomini di Stato»
di Antonio Manzo
Giovedì 23 Luglio 2015, 08:32 - Ultimo agg. 09:12
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«In una operazione umanitaria che dura meritoriamente da anni possono esserci momenti di incertezza, sensazione di abbandoni. Anche lo Stato è fatto da uomini e i prefetti sono al tempo stesso uomini e debbono, ripeto debbono, essere Stato. La posizione del loro sindacato ha messo in luce l’esigenza di un sostegno maggiore a chi è alla frontiera delle politiche di accoglienza».



Mario Morcone, prefetto e capo del Dipartimento immigrazione del Viminale, ha appena concluso una riunione con i prefetti della Lombardia, con i rappresentanti della Caritas Ambrosiana e della Croce Rossa. Per le prossime ore sulle coste siciliane e calabresi gli hanno preannunciato duemila profughi in arrivo. Ora sta lasciando Milano («dove ho trovato uno straordinario ascolto del cardinale Scola») per un vertice che presiederà questa mattina a Venezia con i prefetti veneti.



Prefetto Morcone, i prefetti hanno riproposto i motivi della protesta di qualche giorno fa?

«Hanno nuovamente espresso le difficoltà a ricercare con alcuni sindaci soluzioni condivise sul territorio. Ma, insieme a loro, chiediamo ai sindaci supplementi di attenzione alle nostre parole».



Significa che i sindaci o si convincono o, alla fine, si debbono convincere.

«Deve restare aperto sempre il canale del dialogo. Ma sono sicuro che prevarranno le ragioni dell’accoglienza perché su un tema delicatissimo delle civiltà contemporanea, come quello delle migrazioni, c’è bisogno di sguardo lungo senza cedere a calcoli miopi sulla vita delle persone».



Convinti i prefetti di questa operazione solidarietà?

«I prefetti sono uomini dello Stato. Debbo dare atto delle parole del presidente del Consiglio Renzi e del ministro Alfano che hanno raccolto positivamente anche angosce vere di uomini dello Stato che all’improvviso, con una riforma della pubblica amministrazione in itinere, potrebbero vedersi svuotati nei ruoli e nelle funzioni pur rimanendo i rappresentanti del Governo costretti a dover fare i conti con le emergenze sociali in corso».



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