Morto Francesco Rosi, addio al grande regista di «Mani sulla città». Aveva 92 anni

Morto Francesco Rosi, addio al grande regista di «Mani sulla città». Aveva 92 anni
di Marco Perillo
Sabato 10 Gennaio 2015, 12:36 - Ultimo agg. 11 Gennaio, 09:40
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Dopo Pino Daniele, Napoli perde un altro immenso protagonista della cultura. E' morto infatti Francesco Rosi, regista di capolavori indelebili come "Mani sulla città", "Cadaveri eccellenti", "Lucky Luciano", "Diario Napoletano". Aveva 92 anni. Il maestro del cinema italiano sarà celebrato in una cerimonia civile lunedì mattina, 12 gennaio, a partire dalle 9, alla Casa del cinema di Roma. Alle 12 lo ricorderanno i suoi amici più cari.

Rosi è morto a Roma, dove si era trasferito parecchi anni fa dopo una gioventù fervente a Napoli. Nella città partenopea frequentò il liceo Umberto nello stesso periodo in cui studiavano Giorgio Napolitano, Raffaele La Capria, Antonio Ghirelli.

I lati oscuri del potere, gli intrighi della società italiana, ma anche tanta, tanta Napoli, dalle macerie del dopoguerra fino ai tempi della speculazione edilizia, con tanto neoralismo e passione. Questa è l'arte di uno dei maestri indiscussi del cinema di tutti i tempi.

Nel 1946 iniziò la sua carriera nel mondo dello spettacolo come assistente di Ettore Giannini per l'allestimento teatrale di «'O voto» di Salvatore Di Giacomo. Fu regista di Luchino Visconti per i film «La terra trema» (1948) e «Senso» (1953), e dopo varie sceneggiature (Bellissima, 1951, Processo alla città, 1952) gira alcune scene del film «Camicie rosse» (1952) di Goffredo Alessandrini. Nel 1956 co-dirige con Vittorio Gassman il film «Kean - Genio e sregolatezza».

Nel 1958 diresse il suo primo lungometraggio, «La sfida», che ottenne il consenso di critica e pubblico.

L'anno successivo diresse Alberto Sordi in «I magliari» (1959), nel quale l'attore romano è un immigrato, che fa la spola tra Amburgo e Hannover e che si scontra con un boss napoletano per il controllo del mercato delle stoffe.

Inaugurò il florido filone dei film-inchiesta, ripercorrendo la vita di un malavitoso siciliano attraverso una serie di lunghi flashback in «Salvatore Giuliano» (1962), e l'anno successivo diresse «Rod Steiger» nel suo capolavoro «Le mani sulla città» (1963), nel quale denunciò le collusioni esistenti tra i diversi organi dello Stato e lo sfruttamento edilizio a Napoli. La pellicola fu premiata con il Leone d'Oro al Festival di Venezia.

Dopo «Il momento della verità» (1965), Rosi si concesse una migrazione in un film favolistico «C'era una volta...» (1967), con Sophia Loren e Omar Sharif, anche se Rosi aveva inizialmente richiesto per la parte Marcello Mastroianni.

Negli anni settanta tornò ai temi di sempre rappresentando l'assurdità della guerra con «Uomini contro» (1970), parlando della scottante morte di Enrico Mattei in «Il caso Mattei» (1972) e «Lucky Luciano» (1973), tutti con grandi prove di Gian Maria Volontè.

Notevole successo ebbe il capolavoro «Cadaveri eccellenti» (1976, tratto dal romanzo Il contesto di Sciascia), con Lino Ventura. In seguito realizzò la versione cinematografica di «Cristo si è fermato a Eboli» (1979), tratto dall'omonimo romanzo di Carlo Levi e sempre con Volonté protagonista.

Dopo un altro successo come «Tre fratelli» (1981), con Philippe Noiret, Michele Placido e Vittorio Mezzogiorno, diresse un adattamento cinematografico della «Carmen» (1984) con Plácido Domingo. Successivamente lavorò a «Cronaca di una morte annunciata» (1987), tratto dal romanzo di Gabriel García Márquez, che riunì un grande cast: Gian Maria Volontè, Ornella Muti, Rupert Everett, Anthony Delon e Lucia Bosè; il film fu girato in Venezuela ed in Colombia (Mompox).

Girò poi «Dimenticare Palermo» (1990), con James Belushi, Mimi Rogers, Vittorio Gassman, Philippe Noiret e Giancarlo Giannini. Tornò alla regia teatrale con le commedie di Eduardo De Filippo: «Napoli milionaria», «Le voci di dentro» e «Filumena Marturano», tutte interpretate da Luca De Filippo. Nel 2005, per il film «Le mani sulla città», gli verrà conferita la laurea ad honorem in «Pianificazione territoriale urbanistica ed ambientale» presso l'università Mediterranea di Reggio Calabria.

Nel 2008 - come riporta Wikipedia - gli è stato assegnato l'Orso d'Oro alla carriera al Festival di Berlino, nel 2009 la Legione d'Onore, nel 2010 l'Alabarda d'oro alla carriera e il 10 maggio 2012, il Cda della Biennale di Venezia approva all'unanimità la proposta del suo direttore, Alberto Barbera, di conferire il Leone d'oro alla carriera al regista in occasione della 69ª edizione della mostra. Nel 2013 alla presenza del Ministro dei beni culturali Massimo Bray, gli viene consegnata la cittadinanza onoraria della città di Matera.

Ultimamaente, al suo «discepolo» Tornatore che nel libro a quattro mani «Io lo chiamo Cinematografo» (Mondadori, 2012) lo incitava a tornare sul set non rispondeva «sono stanco» ma «il mestiere del regista richiede grande energia fisica e non so se l'avrei più. So invece che in quest'Italia è difficile fare cinema e che la realtà si degrada così in fretta che il suo passo è troppo più frettoloso di quello del cinema. Rischierei di raccontare un paese che già non c'è più». E riguardandosi indietro aggiungeva: «Il cinema, allora, era una grande famiglia, è vero. C'era un rapporto di comprensione, anche di affetto. Poi ci sentivamo tutti parte di una grande avventura, far rivivere sullo schermo la vita.» In quello stesso 2012 Francesco Rosi era sul palcoscenico della Mostra di Venezia per ricevere il Leone d'oro alla carriera. Un premio in più in una carriera che già gli aveva regalato il Leone d'oro per Le mani sulla città, la Palma di Cannes per Il caso Mattei, la Legion d'onore, i tributi alla carriera di Locarno e Berlino, per non parlare di Grolle, David, Nastri, caduti a pioggia su ogni titolo della sua formidabile filmografia. Anche in occasione dell'ultimo premio veneziano la sua lezione è venuta forte e decisa: «Fare cinema - ha detto - significa contrarre un impegno morale con la propria coscienza e con lo spettatore. Gli si deve l'onestà di una ricerca della verità senza compromessi.