Protesta dei neurochirurghi: «Ictus, manca una rete per i soccorsi»

Protesta dei neurochirurghi: «Ictus, manca una rete per i soccorsi»
di Marisa La Penna
Lunedì 1 Settembre 2014, 09:38
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A Milano ce ne sono nove. A Torino cinque. Altrettante a Roma. A Genova tre e due a Palermo. A Napoli nessuna. Parliamo delle stroke unit, le unit di urgenza ictus .



Da Giuseppe Russo, neurochirurgo del Cardarelli, nonché presidente regionale di Alice, l’associazione nazionale per la lotta all’ ictus cerebrale, parte la denuncia: «In Campania abbiamo l’indice nazionale più alto di incidenza per l’ ictus ischemico e la più alta mortalità sia per l’ischemico che per l’emorragico. La causa? La mancanza di una rete di unità operative dedicate, di percorsi condivisi per la trombolisi, di centri di rifermento regionali per gli aneurismi cerebrali e le emorragie cerebrali. Tutte cose già definite con un decreto ad hoc e mai attuate» dice Russo. E aggiunge subito: «L’ ictus è la prima causa di disabilità nell adulto. Ed è gravato da una elevata mortalità sino all’ottanta per cento per l’emorragico. Una mortalità che può essere dimezzata con un sistema di emergenza efficiente. Innanzitutto col trasporto immediato, «time is brain», come dicono gli americani. In secondo luogo il paziente deve essere assistito presso centri qualificati. Oggi nel migliore dei casi si fa quel che si dice «la corsa dell’asino». Il 118 trasporta, infatti, il paziente presso l’ospedale più vicino e poi verso il Cardarelli dove non esiste una struttura adeguata (unità ictus ) e troppo spesso c’è personale stressato, non specificamente addestrato nè supportato da percorsi assistenziali dedicati».





Per l’ ictus , spiega ancora il neurochirurgo, il piano regionale per l’emergenza è già stato scritto da una commissione ad hoc presso il commissariato, e - dichiara ancora il professionista del Cardarelli - «custodito nei cassetti da più di un anno». Intanto i pazienti che si rivolgono in strutture tipo Caserta, Pozzuoli e tutti gli altri ospedali minori, non trovano altro che essere trasferiti al Cardarelli con perdita di tempo talvolta fatale. Quelli che vi giungono in tempo ricevono assistenza inadeguata se non «incivile», su barelle nei corridoi, garantita da personale sotto stress e talvolta non specificamente competente. Le Unità Urgenza Ictus o Stroke unit sono composte da un team di professionisti di vario genere (sia medici sia infermieri) che conoscono il problema e sono in grado di trattarlo a perfezione.





Confronti fra dati di diversi studi condotti in diversi Paesi, hanno rilevato che con questa modalità gestionale si riducono statisticamente sia la mortalità sia il grado di invalidità di chi ha subito un ictus , indipendentemente dalla gravità e dall’età di chi è colpito. Essenziale è cercare di far arrivare la persona nella struttura specializzata quanto prima in modo che esegua subito gli esami, la Tac in particolare, per capire se l’ ictus è stato determinato da un’ischemia o da un’emorragia. Nel primo caso, infatti, si può procedere alla trombolisi, una tecnica in grado di sciogliere il coagulo che impedisce al sangue di arrivare al cervello. La cosa importante, però, è agire entro le prime tre-quattro ore al massimo perché, dopo quest’arco di tempo può verificarsi un’emorragia in seguito al trattamento. Naturalmente, prima si interviene, più parti di cervello possono essere salvate
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