Napoli, la scoperta | Nel rifugio di guerra l'alcova della prostituta. «Riceveva» i clienti sotto le bombe

Napoli, la scoperta | Nel rifugio di guerra l'alcova della prostituta. «Riceveva» i clienti sotto le bombe
di Paolo Barbuto
Lunedì 6 Ottobre 2014, 10:55 - Ultimo agg. 7 Ottobre, 18:18
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Questo articolo nasce da una scoperta di Michele Quaranta, padre della speleologia napoletana scomparso l'altroieri. Era pronto ad essere pubblicato, Michele Quaranta però voleva che uscisse solo dopo aver attrezzato l'area per le visite turistiche. Oggi Michele non c'è più ma la sua scoperta merita di divenire pubblica, deve essere sua. I lettori ci perdoneranno se in questo articolo parliamo di lui al presente e non al passato...

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Quando la torcia illumina il muro, fiatone e stanchezza scompaiono all’improvviso, e il sorriso sboccia inevitabile: «La signorina Filomena riceve anche in questo ricovero».

Nel cuore di Napoli, venti metri sotto piazzetta Augusteo, dal buio si materializza una piccola grande storia, di quelle che solo la Napoli più segreta riesce a custodire: otto parole in fila che raccontano più di un libro intero.

Tu sei lì e immagini la guerra, la città che soffre, la gente che corre sottoterra per paura della pioggia di bombe che la devasterà poco a poco; pensi alle lunghissime ore trascorse qui sotto dai napoletani e poi scopri che in un angolo nascosto del ricovero c’è un’alcova nemmeno tanto segreta, in una piccola grotta, dove la signorina Filomena esercitava la sua professione incurante della paura e delle bombe.

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Da settant’anni il buio nasconde questo piccolo segreto di guerra. Lo hanno riscoperto Michele Quaranta e Clemente Esposito, padri della speleologia urbana cittadina che, a dispetto dell’età, avanzano nelle viscere di Napoli con spavalderia e sicurezza: un buena vista social club in versione sotterranea, e napoletana. Michele e Clemente hanno l’età della saggezza e sanno sorridere con moderazione raccontando i particolari della storia di Filomena.

L’hanno scoperta seguendo un percorso inciso sui muri umidi e scrostati del ricovero di piazzetta Augusteo: di tanto in tanto, nel loro peregrinare alla ricerca della Napoli nascosta, intercettavano una freccia, e una scritta, Filomena, appunto. Così un giorno hanno deciso di seguire quella freccia, e hanno scoperto che nel dedalo di gallerie scavate sotto via Toledo e i quartieri Spagnoli, ad ogni incrocio tornava la freccia con la scritta: impossibile imboccare il tunnel sbagliato. E, alla fine del percorso, l’alcova con il messaggio conclusivo: obiettivo raggiunto. La signorina Filomena era lì a ricevere i suoi clienti.

Tutt’intorno alla grotta di Filomena un tazebao di messaggi, un tuffo in un passato in cui ci s’innamorava anche dopo un incontro a pagamento: è tutto un fiorire di parole d’amore, «il vostro volto resterà per sempre impresso nei miei occhi», «signorina, il vostro mistero riempirà per sempre il mio cuore». Davanti all’alcova resti di legno marcito, forse un letto; all’esterno della piccola grotta degli «incontri» un'area più ampia con sedili ricavati nella roccia: la sala d’aspetto.

Attualmente l’accesso a quel ricovero non è consentito anche se c’è un ampio progetto per renderlo visitabile. Michele Quaranta lavora con tenacia alla sua idea di portare la gente lì sotto per condividere il mistero e i segreti di uno dei ricoveri di guerra più ampi di Napoli. Camminando nel buio, dietro un angolo le torce illuminano una scala altissima che oggi si perde in un muro: «Lì dietro probabilmente c’era il palazzo di Filomena - spiegano i ciceroni del ventre di Napoli - la signorina faceva, come si dice dalle nostre parti, ”casa e bottega”: quando suonava l’allarme spostava la sua attività qui sotto».

Sembra tutto incredibile, irreale, bello e spaventoso all’unisono. È una di quelle storie che solo Napoli sa raccontare e che solo le viscere della città sanno custodire, intatte e uniche.

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