Napoli. Investì la moglie e le diede fuoco, concessa la perizia

Napoli. Investì la moglie e le diede fuoco, concessa la perizia
di Viviana Lanza
Venerdì 27 Novembre 2015, 11:15
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Una perizia stabilirà se Vincenzo Carnevale, il marito assassino, era o meno nel pieno delle proprie facoltà mentali quando, l'11 febbraio 2013 a Pianura, raggiunse Pina Di Fraia, la moglie, sul luogo di lavoro, la investì con l'auto, la costrinse a salire a bordo e seguirlo, le cosparse il corpo di benzina e le diede la morte nel modo più atroce e terribile. Lo hanno deciso i giudici della quarta sezione della Corte d'assise d'appello nominando un proprio consulente che entro sessanta giorni dovrà essere in grado di rispondere ai quesiti sulle condizioni dell'imputato al momento in cui commise l'omicidio. Accolta la richiesta della difesa (avvocato Giovanni Bianco), nonostante le opposizioni delle altre parti e la consulenza che in primo grado concluse per la capacità di Carnevale di intendere e volere. Le parti civili hanno deciso di affiancare al consulente scelto dai giudici un proprio consulente e il sindaco Luigi de Magistris ha promesso alle figlie della vittima un sostegno sia economico sia nella scelta dell'esperto che dovrà seguire il caso. Proprio ieri, in udienza, la Corte ha ammesso tra le parti civili il Comune di Napoli, che sarà rappresentato dall'avvocato Davide Diani.

Nel processo si sono costituite anche le figlie di Di Fraia, assistite dall'avvocato Alessandro Motta. La maggiore delle due (oggi ventenne, l'altra è adolescente) ha anche denunciato il padre per minaccia aggravata e c'è già un fascicolo aperto in Procura. Si indaga sull'episodio segnalato in aula durante l'udienza di ottobre quando padre e figlia si ritrovarono per la prima volta, dopo la tragedia di due anni fa, faccia a faccia: lui era nel gabbiotto degli imputati detenuti, lei seduta in aula. Ci fu uno scambio di sguardi a cui Carnevale reagì dicendo alla figlia che le avrebbe fatto fare «la stessa fine di tua madre». L'imputato ora spera nel processo d'appello: in primo grado, per omicidio, fu condannato all'ergastolo.
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