Napoli, dieci colpi per giustiziare il «pensionato» della camorra

Napoli, dieci colpi per giustiziare il «pensionato» della camorra
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 4 Settembre 2015, 15:10 - Ultimo agg. 15:11
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Strana coincidenza, dietro l’ultimo delitto di camorra in città: la vittima era legata a clan che oggi fanno la voce grossa tra i vicoli del centro storico (dove è in atto una faida) e sugli spalti del San Paolo (dove domenica notte è scoppiata una rissa che nulla ha a che spartire con il tifo). Strana coincidenza dietro la morte di Pasquale Ceraso, una vita da mediano per conto dei Misso, dei Sequino, ucciso a 67 anni in perfetto stile camorristico.

Un colpo alla testa, altri nove in diverse parti del corpo, per liquidare un pregiudicato sopravvissuto a ben altri contesti cittadini, a ben altre faide criminali. Intendiamoci: da un punto di vista investigativo, gli inquirenti non hanno elementi per collegare la morte di Pasquale Ceraso a quanto avvenuto allo stadio domenica notte, tanto da smentire sul nascere suggestioni tra quanto avvenuto negli ultimi tempi al San Paolo.

Ma restiamo a quanto avvenuto ieri mattina non lontano dal rione Sanità. Sono passati da alcuni minuti le sette del mattino, quando Pasquale Ceraso è stato ucciso in uno dei vicoli a ridosso di via Santa Teresa degli scalzi. Siamo in vico Santa Maria alla Purità, la vittima è stata affiancata dai killer, che lo hanno colto di sorpresa. Dieci colpi, uno alla testa, il resta a raffica in altre zone del corpo.

Momenti di terrore in una delle zone più popolari di Napoli, anche alla luce di quanto sta avvenendo negli ultimi mesi, quando sono stati sferrati agguati e attentati dimostrativi per la conquista del malaffare locale. Che succede nella Sanità? Inchiesta affidata alla mobile del primo dirigente Fausto Lamparelli e del suo vice Lucio Vasaturo, si scava negli ambienti del crimine organizzato cittadino. Non si esclude alcun movente, si scava nel passato della vittima. Aveva precedenti penali, dieci anni fa l’ultima segnalazione per contatti con un sistema criminale oggi dissolto da indagini, arresti, processi e condanne. Droga, estorsione, ancore più antiche le accuse che hanno segnato il debutto di Ceraso: nel 1992 fu arrestato nell’ambito di un’operazione contro il traffico di droga tra Milano e Napoli. Fu bloccato nell’abitazione di Mario Savio, allora capo dell’omonimo clan camorristico dei Quartieri Spagnoli.

Una organizzazione, con base a Milano, riusciva a inviare notevoli quantitativi di stupefacenti in Italia meridionale ed in Europa. Si trattava, in particolare, di hashish e cocaina destinati principalmente ai mercati di Spagna e Germania. Pochi anni dopo, nel ’95 Ceraso, latitante, ritenuto esponente di spicco del clan Savio, fu arrestato nel rione Sanità. Ma non è finita. Siamo nel 2008, quando su Ceraso piovono accuse da parte di un personaggio di spicco. Si tratta di Giuseppe Misso, che raccontò del ruolo di Ceraso come riscossore di una tangente ad un ristorante di Cuma. Da allora, il silenzio. Vita da fantasma. Nel Rione, dove lo conoscevano come «O sicc» per via della sua corporatura esile, dicono che passava le sue giornate a giocare a carte nella sede dell’Unione Cattolica Operaia. Vita da fantasma fino a ieri mattina, quando i killer hanno atteso al varco il 67enne, approfittando della strettoia del vicolo che ha costretto l’autista a decelerare, rendendo più facile il compito degli assassini.

Inchiesta condotta dal pool anticamorra del procuratore aggiunto Filippo Beatrice, nessuna pista viene esclusa al momento. Inevitabile l’accostamento con quanto avvenuto al San Paolo pochi giorni fa, quando un gruppo di tifosi (riconducibili ai Sequino) avrebbero scatenato una sorta di controffensiva verso alcuni soggetti dei Mastiffs, a loro volta legati ai Sibillo. Una circostanza che potrebbe entrare poco con la vita di Ceraso, anche se spinge gli inquirenti a ragionare su più livelli. In questo senso, la storia del San Paolo resta sullo sfondo ma non viene completamente eliminata. Resta quella sorta di aut aut lanciato all’inizio del secondo tempo, con una serie di frasi minacciose rivolte verso alcuni elementi dei cosiddetti «mastini»: via di qui, in questa curva non ci dovete più entrare... Parole riconducibili a gente del rione Sanità, ieri mattina teatro dell’ultimo delitto di camorra consumato a Napoli, con l’omicidio di una sorta di «pensionato» del crimine organizzato.