Napoli la si può dividere tra esterno e interno (appartamenti da rivista o terranei allisciatissimi racchiusi nel guscio di palazzi scrostati e rognosi), e tra alto e basso, tipico di una città che ha più colli di Roma. Certo, la spaccatura si applica anche in tanti altri modi, non sempre dicotomicamente opposti.
Ma esterno e interno, alto e basso, spesso a Napoli si confondono, si intrecciano e diventano indistinguibili.
Fino a quando Gioacchino Murat, sovrano napoletano per meriti napoleonici, non decise di tagliare il casale Casciello, ai margini del nucleo urbano, alle spalle dell’attuale Museo Archeologico, per realizzare il primo Rettifilo della città, sull’altura resisteva un grumo denso di case, palazzi signorili e chiese.
Era il 1807. Con la scissura è stato tagliato il cordone ombelicale che legava Materdei e Stella, a sinistra e a destra della spaccatura. L’irruente monarca francese volle costruire una strada che conducesse facilmente alla Reggia di Capodimonte, ormai meta consolidata del Grand Tour, ma soprattutto residenza reale, collegandola organicamente al centro, senza il tormento del passaggio attraverso la Sanità che costringeva a imboccare la salita dei Cristallini, scavata nel tufo. La nuova arteria fu intitolata, con riconoscenza e piaggeria, all’imperatore Napoleone.