Primarie Pd, così ho votato in 5 seggi con documenti scaduti

Primarie Pd, così ho votato in 5 seggi con documenti scaduti
di Paolo Barbuto
Lunedì 2 Marzo 2015, 08:21 - Ultimo agg. 16:38
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Ventiquattro chilometri e seicento metri percorsi, una profonda voragine dribblata per miracolo e centinaia di buche centrate in pieno, decine di volti sorridenti e gentili incrociati ma, soprattutto, tante schede votate, compulsivamente, a ripetizione, senza sosta.



Ho passato la giornata a fare il «votatore seriale» alle primarie napoletane del Pd: in una piacevole domenica di sole primaverile che ho trascorso saltellando da un seggio all’altro, sono riuscito a mettere cinque schede nell’urna di cinque seggi differenti. Solo in un caso mi hanno respinto con ferma gentilezza: lei qui non può votare, non se ne abbia a male.



Ho presentato in ogni seggio una carta d’identità scaduta da cinque anni ma nessuno se n’è accorto; solo in un caso sono riuscito a votare in una zona protetta (dietro un cartone appoggiato su un tavolino) in tutti gli altri luoghi ho dovuto compilare la scheda praticamente davanti a tutti; avevo con me la tessera elettorale ma in due soli casi mi è stata chiesta. Infine avevo in tasca una manciata di monetine e quelle sì, me le hanno chieste dappertutto ma sempre con un sorriso imbarazzato, perché i ragazzi, gli uomini e le donne che ieri presidiavano i seggi, lo facevano per passione politica e non per fare gli esattori. Ovviamente ho semplicemente annullato la cartella, senza esprimere nessuna preferenza; e agli scrutatori devo una spiegazione: quelle schede sulle quali c’è scritto «voto 1», «voto 2», «voto 3», sono le mie...



Prima tappa in zona Soccavo, il mio seggio sarebbe quello del Vomero e decido di procedere per tentativi, allargando il raggio e allontanandomi man mano dalla mia area di appartenenza. A Via Adriano, di buon mattino, c’è penuria di votanti e l’ingresso viene salutato con entusiasmo. La sede del Pd è ghiacciata, così all’esterno c’è una crocchia di persone accalcata a caccia del sole che sta diventando caldo, all’interno invece c’è una donna infreddolita. Poche formalità: sono il primo della fila, l’unico votante in quel momento. Presento la carta d’identità scaduta, mi consegnano la scheda e mi indicano un tavolinetto alla destra della commissione elettorale, mi sento imbarazzato a votare davanti a tutti, ma è una sensazione che sentirò solo la prima volta, mai più nel corso della mattinata. Prima di salutarmi con gentilezza mi chiedono i due euro che i non iscritti devono versare per partecipare alle primarie. Pago, saluto e vado via.



Provo ad allontanarmi, mi spingo alla Loggetta, centro sociale di via Petruccelli. A un metro dall’entrata c’è una voragine sull’asfalto, sulla soglia del circolo due persone gentili che salutano con entusiasmo, all’interno un ragazzo e una ragazza giovanissimi, dallo sguardo pulito. Mettono subito in chiaro le cose: se non sei iscritto devi pagare, vuoi procedere ugualmente? Apprezzo l’avvertimento, procedo. Si interrogano sul mio indirizzo, potrò votare? Sì che posso, vado a nascondermi dietro al paravento di cartone e annullo la scheda.



Ho già votato due volte, ora c’è anche il mio seggio d’appartenenza che mi aspetta, decido di raggiungerlo ma prima tento un altro blitz: via Domenico Fontana, Sede Pd dell’Arenella. Qui c’è più gente a votare e maggiore attenzione alle persone che entrano. Non si accorgono che il mio documento è scaduto, mi chiedono se la strada dalla quale provengo appartiene al loro seggio, vogliono la tessera elettorale e non notano nemmeno che non avrei diritto a compilare la scheda in quel posto. Attendo il mio turno poi vado ad annullare un’altra scheda. Saluti cordiali e via.



Ma siccome ci ho preso gusto, provo a giocarmi il jolly, mi avventuro fino ai Campi Flegrei, nel dopolavoro ferroviario che si trova di fianco alla stazione. Qui sono organizzati: iscritti in fila a sinistra, non iscritti a destra. C’è una sola persona davanti a me, presento il documento a una ragazza ben truccata, che siede alla sinistra di un uomo d’esperienza. Lei s’insospettisce proprio mentre sto per avviarmi a votare. Scopre che non appartengo al suo seggio, mi fa restituire i due euro e mi invita a tornare nei pressi di casa mia per esprimere la mia preferenza.



Seguo il consiglio, torno verso il mio seggio d’appartenenza che è quello di via Enrico Alvino al Vomero. Qui, onestamente, non mi sento molto tranquillo, è la quinta volta che vado a votare per le primarie, magari qualcuno s’è passato la voce. E invece nel sottoscala umido dell’associazione Giallo Arancio, la voce non s’è ancora diffusa. Anche qui ci sono persone gentili, l’età media degli uomini che governano il seggio è un po’ più alta rispetto a quella degli altri luoghi di votazione; si parla di partito e di futuro. Quando presento la carta d’identità scaduta continuano a chiacchierare, non mi chiedono la tessera elettorale ma potrebbero aver rilevato, dall’indirizzo, che quello è il luogo esatto nel quale sono ammesso a votare, quindi, per loro, è tutto regolare. Anche in questo caso sono costretto a esprimere il voto davanti a tutti, incastrato sulla mensola di un armadietto di ferro. Scrivo il mio messaggio per annullare la scheda, saluto ed esco un po’ imbarazzato perché mi hanno riconosciuto come giornalista e sono stati affettuosi... se avessero saputo che era il mio quinto tentativo della giornata forse sarebbero stati meno affettuosi. Scusatemi.



Ok, per oggi smetto di essere un votatore seriale. Poi, però, il web mi informa, con foto, in pompa magna, che il candidato Andrea Cozzolino si è presentato ad esprimere il suo voto al seggio di via Bonito, che è a due passi. Non resisto, mi presento anche lì. Proprio mentre arrivano le pizze per la commissione. Documento, scheda, voto annullato e saluti rapidi, ché le pizze si freddano. Basteranno cinque voti in una sola mattinata?

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