Topi morti, carcasse di auto, siringhe e rifiuti ospedalieri. Viaggio sul litorale devastato | Ft

Topi morti, carcasse di auto, siringhe e rifiuti ospedalieri. Viaggio sul litorale devastato | Ft
di Nello Mazzone
Giovedì 24 Luglio 2014, 02:42 - Ultimo agg. 22:03
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POZZUOLI. Flebo sporche di sangue, colonie di topi morti annegati e due Smart che solcano il mare color marrone, trascinate dalla corrente come fossero barche. Cartoline dalla spiaggia di Licola, nel punto in cui il canale di Quarto e l'alveo Camaldoli vomitano in mare aperto il loro carico di rifiuti.







Fotogrammi di uno spot al rovescio, che diventa assist formidabile per promozionare la procedura d'infrazione che l'Ue ha aperto contro l'Italia, accusata di aver fatto poco in materia di trattamento delle acque reflue. L'Europa minaccia sanzioni salate e basta farsi un giro da queste parti per capirne il motivo.



A portare quella immondizia sulla spiaggia e in mare è stato l'alveo Camaldoli: canale costruito nell'Ottocento dai Borbone per raccogliere le acque piovane, evitando disastri ambientali e inondazioni. Ma oggi decine di famiglie che abitano in via Bambù, tra canneti e canali a pochi chilometri dalla foce, sono diventati ostaggio di quello che in gergo tecnico si chiama il «troppo pieno». Il nubifragio di due giorni fa ha rilanciato l'emergenza. «Abito e lavoro qui da mezzo secolo e ogni volta che viene un temporale siamo costretti a lasciare la nostra casa e chiedere ospitalità a parenti e amici – spiega Ida Salatiello, che gestisce con il marito un ristorante – è come se fossimo in guerra e al suono delle sirene si scappa nei ricoveri, temendo un bombardamento».





Qui a far paura sono le bombe d'acqua, che ingrossano il canale che dalle colline dei Camaldoli corre per 25 chilometri, attraversando otto Comuni e mezzo milione di residenti. Nel reticolo idrografico borbonico, l'alveo era l'asse per tutelare Napoli e le sue campagne. Duecento anni dopo quel canale si è trasformato nella pattumiera illegale di mezza provincia. Ci puoi trovare di tutto. Frigoriferi, carcasse di automobili, lastre di amianto, carcasse di animali e topi che galleggiano. Tutto trascinato in mare. Per colpa (anche) dei tanti scarichi illegali delle miriadi di case abusive. «Da tempo chiediamo alla Regione di intervenire per ristrutturare le sponde degli alvei – aggiunge Beniamino Schiazzano, un altro residente – nel 2011 c'è stato un allagamento che ci ha costretti a stare fuori casa per due settimane, con danni per migliaia di euro. Nessuno è intervenuto da allora». E lo dice mentre si affaccia da un ponticello senza ringhiere, a picco sul canale, tra bimbi che osservano le pale meccaniche inviate dalla Regione a spalare il fango. In attesa della prossima ondata di piena.



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