Tumori al seno, calvario Pascale: liste d'attesa di oltre tre mesi

Tumori al seno, calvario Pascale: liste d'attesa di oltre tre mesi
di Maria Pirro
Lunedì 30 Marzo 2015, 08:30 - Ultimo agg. 2 Aprile, 10:58
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Somiglia a una Ferrari che, rimanendo a corto di benzina, procede al ritmo di una Panda. L'Istituto Pascale è un motore potente per le cure anticancro a Napoli e in Campania: supera il traguardo dei 10 mila ricoveri all'anno, trascina verso la guarigione ammalati di ogni età. Ma l'attesa per l'intervento è un calvario. Per la chirurgia al seno, una delle prestazioni più richieste, occorre aspettare anche più di tre mesi. In cima alla lista delle prenotazioni ci sono oggi le donne iscritte a metà dicembre. Quarantenni, cinquantenni, sessantenni e addirittura una quasi ottantenne che convivono con tumore allo stadio iniziale: sono pronte per essere operate domani. «Aspettare tanto a lungo significa persino ammalarsi di esaurimento» fa notare I.B., che è più in fondo nell'elenco e implora: «Mio figlio ha tre anni, non posso abbandonarlo». S.S., avvolta in una vestaglia grigia, ha due bambini di 6 e 8 anni: «Sanno che mi trovo a Roma per lavoro...». Sorride con dolcezza, la quarantunenne è il simbolo di come la prevenzione può fare la differenza. Racconta: «Mia nonna è morta di cancro al seno. Mia zia è morta di cancro al seno. Mia cugina è stata appena operata, sempre al Pascale, per una patologia più devastante. Io, invece, ho fatto gli opportuni controlli». Per un lustro, ogni anno con puntualità, fino alla diagnosi del male avuta con la visita di novembre scorso, cui sono seguiti gli accertamenti di dicembre e quindi l'iscrizione in lista di attesa immediatamente. «Fa rabbia pensare che l'iter per l'operazione è stato poi frenato da questa coda di altri ammalati che potrebbe essere evitata».



Al Pascale le sale operatorie funzionano soltanto fino alle 16, a causa della carenza di personale. Mancano gli infermieri destinati a questa attività: ce ne sono 18 su 27 previsti in organico. Ne basterebbero solo 9 in più per risolvere il problema che causa «una riduzione significativa, approssimativamente di un terzo, delle sedute operatore per tutte le strutture complesse». L'allarme è lanciato dagli stessi medici del Pascale attraverso l'Anpo. Il primario di cardiologia, Nicola Maurea, che in qualità di delegato dell'associazione già il 18 febbraio scorso ha stilato un rapporto in materia, afferma: «La situazione si è acuita per la chirurgia senologica, con una lista di attesa che ora arriva anche a tre mesi e mezzo, ma resta stabile nella sua criticità in altri reparti. In particolare, per la chirurgia maxillo-facciale si è avuta una riduzione da 13 a 7 sedute al mese: per gli interventi considerati urgenti la lista di attesa è di tre mesi e mezzo».



Disagi pesanti si hanno pure per la radioterapia. Vincenzo Ravo, coordinatore dell'Airo Campania, spiega che l'attesa può sfiorare i due mesi esclusivamente per i pazienti cosiddetti «esterni», cioè non seguiti sin dall'inizio dall'ambulatorio multidisciplinare dell'istituto che garantisce un percorso terapeutico completo (per gli «interni» l'iter è più breve). Ma per far entrare in funzione il terzo acceleratore lineare, in corso di installazione, e garantire terapie sulle dodici ore è decisivo sbloccare le assunzioni.



La questione al Pascale risale indietro nel tempo: nel 2008 vengono fatti degli avvisi di mobilità per assumere 40 operatori, arrivano 600 richieste. Ma «quasi contemporaneamente la Regione decide di stabilizzare gli infermieri precari», riepilogano i vertici dell'istituto per chiarire cosa accade dopo: «I 600 candidati fanno ricorso al Tar, che dopo quasi un anno fa sapere che la questione non è di sua competenza e passa la palla al Consiglio di Stato che dopo qualche mese rigetta la palla nuovamente al Tar». A questo punto il giudice si esprime, dando ragione agli operatori. Ma l'Istituto e la Regione si oppongono. E non finisce qui: nel 2013, il Consiglio di Stato decide che la questione è di competenza di un altro Tribunale, sezione lavoro. Sempre nel 2013, il Pascale pubblica un bando a tempo determinato per 25 assumere infermieri, quanti ne servono in tutta la struttura: «Si presentano in 2500. Troppi, per cui il concorso non è mai partito».



Ecco il paradosso. I conti della sanità regionale sono risanati, ma alla fine l'istituto di eccellenza di Napoli resta in sofferenza, gli ammalati si lamentano per le liste di attesa e la situazione rischia di aggravarsi: qualunque sia il laccio burocratico che strozza le assunzioni (un concorso contestato o affollato, lo stop del turn-over), il risultato è che le sedute operatorie sono insufficienti a dare una risposta ai bisogni. «Senza colmare le carenze in organico, con l'aumentare delle richieste di assistenza, i tempi per gli interventi potrebbero allungarsi ancora» ammette il direttore sanitario, Ezio Olivieri, che aggiunge: «Ma è compito dei medici vigilare e non inserire in lista quei pazienti che non possono aspettare: se l'attesa è troppo lunga, devono indirizzarli anche verso altre strutture adeguate o, in caso di peggioramento delle condizioni cliniche, anticipare il ricovero e quindi il trattamento». Assieme al commissario Loredana Cici, il direttore sanitario è comunque alla ricerca di soluzioni.



Sembra incredibile non riuscire a risolvere in tempi stretti un problema che ha numeri tanto risibili, mentre il governatore Stefano Caldoro annuncia la riapertura di 5 pronto soccorso e parla di un migliaio di rinforzi in arrivo in corsia, grazie ai fondi risparmiati in questi anni. «Raggiunto l'equilibrio di bilancio, in Campania – ribadisce il presidente campano dell'Anpo, Vittorio Russo – occorre il ritorno alla gestione ordinaria della sanità con un assessore regionale alla sanità e direttori generali di Asl e ospedali, con una prospettiva di programmazione di almeno tre anni. Questo può aiutare ad affrontare i tanti nodi irrisolti».



Al Pascale la rampa che porta alla palazzina delle degenze è in salita: nell'attraversarla, donne e uomini, ammalati di cancro, loro malgrado, accettano di aspettare mesi per l'operazione oppure scappano verso il Nord Italia.
Cento giorni per la chirurgia al seno. È il tempo che misura una distanza profonda che separa Napoli da strutture nel resto d'Italia che vantano la stessa tradizione di ricerca e cura. All'istituto dei tumori di Milano c'è addirittura il progetto «A casa lontani da casa» per ospitare a costi contenuti più ammalati e parenti, oltre 100mila «emigranti» che ogni anno chiedono assistenza. Qui la lista d'attesa conta 90 donne (solo per la chirurgia senologica), 30-35 vengono operate ogni settimana. Una sala è in funzione tutti i giorni, due il mercoledì. «In particolare, una donna prenotata il 16 dicembre, con diagnosi accertata allo stadio iniziale, è stata già operata entro la fine di gennaio. Un'attesa superiore ai tre mesi è inaccettabile se si parte da conferma istologica definitiva con la biopsia, sarebbe accettabile soltanto se quel tempo intercorresse dal primo segno o sintomo della malattia» dice il primario dell'istituto, Marco Greco. Al Pascale si contano invece oltre 200 donne in lista, più del doppio, e l'attesa (escluse naturalmente le urgenze) può essere fino a tre volte più lunga. «Secondo le disponibilità di sala operatoria ricevute al momento, è possibile operarne circa 75 ad aprile: 15 le sedute programmate» afferma il primario Giuseppe D'Aiuto che invece con nettezza definisce «inaccettabili» questi tempi di attesa, «anche in considerazione dei tassi di guarigione, superiori al 91 per cento, raggiunti in questo reparto, quando il tumore viene asportato negli stadi iniziali». L'oncologo Antonio Giordano è direttore dello Sbarro Istitute di Philadelphia, docente di anatomia patologia all'Università di Siena e direttore di linea di ricerca del Crom del Pascale: «Il tumore alla mammella cresce lentamente, in principio, poi il rischio aumenta. Si può aspettare anche tre mesi per l'intervento ma è chiaro che la situazione va valutata caso per caso. Ma i ritardi a Napoli e in Italia sono enormi anche su patologie più aggressive». Sui tempi di attesa, numerose anche le denunce del Tribunale per i diritti del malato. Ma le associazioni e lo stesso Giordano accendono un faro anche su un'altra via per evitare i disagi: «La scorciatoia della sanità a pagamento, in ospedale e nelle cliniche private». Quando la Ferrari rallenta, è la sanità che diventa un lusso.