Vesuvio, la psicosi preventiva e quegli incubi notturni di A. Pascale

Vesuvio, la psicosi preventiva e quegli incubi notturni di A. Pascale
di Antonio Pascale
Venerdì 27 Marzo 2015, 18:05 - Ultimo agg. 21:08
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Quando il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, a margine di un incontro sul terremoto dell’Aquila, ha dichiarato «ho due incubi notturni, il Vesuvio e il terremoto in Calabria», ci è subito venuta in mente un’altra dichiarazione, quella di un astronauta che passando in orbita sopra l’Italia, fotografò parte della nostra penisola e commentò: siamo passati sono il Vesuvio e l’Etna, ebbene sono rimasto stupito nel notare la quantità di luci che si vedono fin sopra la cima dei due vulcani.

E poi si chiedeva: ma non sono vulcani ancora attivi? Dunque, è un dato di fatto, la speculazione o la concentrazione edilizia c'è, da tantissimi anni, e si vede benissimo pure dall'alto.

Quindi, se Gabrielli, come crediamo, ha voluto sottolineare, come l'astronauta, la gravità del problema siamo d'accordo con lui. Tuttavia, una leggera inquietudine la proviamo: se Gabrielli ha incubi notturni riguardo Vesuvio e Calabria, gli abitanti di quelle lande come possono dormire tranquilli? Stanotte che cosa devono fare? Non è per caso che, vista l'incresciosa sentenza dell'Aquila, i nostri rappresentanti, per non correre rischi, mettano in atto delle dichiarazioni prudenziali? Del tipo: in caso di terremoto io l'avevo detto, cioè perlomeno me n'ero accorto che il problema c'era. Le dichiarazione prudenziali sono come le decisioni prudenziali che tanti cominciano ad adottare, dai medici ai dirigenti. Per paura di pagare un conto salato per uno sbaglio, e di finire in una gogna mediatica, alcuni medici prescrivano controlli a raffica, spesso inutili.

In Pennsylvania venne chiesto a 824 medici se praticavano la medicina prudenziale e il 93% rispose di sì, che spesso accadeva. Insomma, per proteggersi da eventuali ricorsi dei pazienti, i medici ordinavano più esami del necessario, prescrivevano più medicinali, mandavano i pazienti da altri specialisti e suggerivano procedure invasive. Questo tipo di scelte o di dichiarazioni spesso non risolve il problema. In questi casi, infatti vale più la procedura (cioè la dichiarazione) che la reale efficienza (la concretezza). Quindi si crea sì un allarme, magari per concentrare l'attenzione, ma non si insegna ad affrontare i problemi con intelligenza. Insomma, il rischio è quello di favorire una cultura dell'errore negativa, in cui nessuno ha il coraggio di prendere una decisione concreta, e ci si limita a fare una dichiarazione pesante: come dire, la colpa in caso di disastro deve essere per forza di qualcuno, tuttavia non è di sicuro mia, io l'avevo detto, e forte anche. Il fatto è che il tessuto di cui sono fatte le dichiarazioni o le decisioni prudenziali è estremamente emotivo ed è molto diverso da quello dell'avversione al rischio. Anzi, ingigantendo il problema, si rischia poi di dichiarare velatamente: è veramente un incubo, non possiamo risolvere la questione, ma prudentemente meglio dichiarare che almeno ci avevo prestato attenzione.

Una soluzione potrebbe essere quella di creare una cultura positiva dell'errore, insomma incoraggiare la gente a parlare dei propri errori (anche di quelli che riguardano le costruzioni abusive) e assumersi le responsabilità, proprio per migliorare le singole prestazioni e l'efficienza. Ma forse, più probabilmente, il capo della Protezione civile voleva solo attirare l'attenzione su uno stato di cose e di certo non creare allarme raccontando i suoi incubi. Infatti ha aggiunto che si impegnerà a riaggiornare il piano di evacuazione generale, che risale al 2001, quindi un po' vecchiotto. A questo punto anche noi sentiamo la necessità di fare una dichiarazione prudenziale: se prendiamo per seri gli incubi notturni, poi durante il giorno ci tocca far qualcosa di concreto, altrimenti poi continuiamo a passare notti insonni, e il sonno è necessario, fa bene al pensiero.

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