Giallo Plebiscito: sulla cupola scritte antiche

Giallo Plebiscito: sulla cupola scritte antiche
di Paolo Barbuto
Lunedì 29 Dicembre 2014, 02:48 - Ultimo agg. 30 Dicembre, 16:23
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Vista da quassù, a sessanta metri d’altezza, Napoli è un’altra città, tutto sembra vicino, e bello: le chiese, i palazzi che s’arrampicano fino a San Martino, perfino il Plebiscito con le persone piccole piccole e il degrado che non si percepisce.

Vista da quassù, dalla cupola di San Francesco di Paola, con le vertigini per l’altezza e i brividi per l’emozione, Napoli appare anche più misteriosa, pronta a raccontarti cose che nessuno sa, che nessuno sapeva fino ad ora. «Guarda qui cosa c’è», Luca Cuttitta dirige il gruppo di rocciatori che lavora alla pulizia della cupola; sta appeso a quella corda, penzoloni sulla città, e ne ha viste di tutti i colori: perciò se si emoziona vuol dire che c’è qualcosa di veramente straordinario.

Uno dei pannelli di piombo che ricopre la cupola del Plebiscito adesso è lucido perché è stato appena ripulito, e svela il suo segreto: è pieno d’incisioni che a prima vista sembrano scarabocchi.

Poi quando l’occhio si abitua a «leggere» quel caos di striscioline, gli scarabocchi diventano lettere; una «elle», poi una «a», forse, poi altre parole chiare e meno chiare.

Accade spesso di imbattersi in una scritta incisa in un’altra epoca, solo che qui ci troviamo a sessanta metri d’altezza, appesi a una corda, in un luogo praticamente inaccessibile ad ogni altra persona dotata di buonsenso: chi può aver lasciato quei messaggi? Perché?

Diciamo subito che per qualche tempo il mistero resterà tale, perché il lavoro di pulitura della cupola non è ancora completato, e solo quando sarà terminato ci sarà la possibilità di effettuare ulteriori, e approfondite, analisi su quelle scritte incise nel piombo della cupola di San Francesco di Paola.

Però la voglia di capire, di scoprire, è troppo forte per accontentarsi di sapere che qualcuno, in futuro, andrà a esaminare quei segni. Così viene quasi istintivo un tentativo empirico: un foglio di carta appoggiato sulle incisioni e una matita che ci passa sopra per far trasparire il disegno che c’è sotto. Chi di noi non ci ha mai provato con una moneta da bambino? Ecco, la tecnica è esattamente quella, rudimentale e infantile ma efficace: le tracce si trasferiscono sui fogli, restano poco chiare ma qualcosa iniziano a dire, «Lo oro ne...». Oppure «C oro ne...». Una riproduzione della prima scritta la trovate nelle foto di questa pagina, provate a dare un’occhiata e iniziate anche voi a sondare il segreto.

Nel frattempo i rocciatori che sono quassù continueranno il loro lavoro che è quello di rendere di nuovo lucida e fiammante la cupola del Plebiscito. La squadra è composta da quattro persone che fanno capo al «Tunnel Borbonico» di Gianluca Minin e a «La Macchina del Tempo», presieduta da Luca Cuttitta, entrambi al lavoro in corda con gli altri che sono Mauro Palumbo e Marco Ruocco. I lavori complessivi al colonnato e alla chiesa di San Francesco di Paola sono affidati alla ditta Sibilio che lavora alacremente per restituire presto il Plebiscito alla città.

Quassù gli speleologi, che per l’occasione diventano rocciatori, lavorano con la massima cura. Nessun materiale chimico, solo acqua e sabbia per ripulire e lucidare questa gigantesca cupola di piombo: l’acqua e la sabbia vengono «sparate» a una pressione molto bassa, per evitare di danneggiare la struttura, e anche la «spalmatura» deve essere rapida e costante per non tirare via, assieme allo sporco che ha aggredito la cupola, anche parti della struttura. Ed è proprio grazie al passaggio «leggero» delle idropulitrici che quelle incisioni misteriose sono state riportate alla luce senza essere spazzate via.

Oltre alla scritta che vedete nella foto di questa pagina ce ne sono tante altre. Una, in particolare, ha attirato la nostra attenzione, anche se si trova in una zona non ancora «ripulita». Si tratta di un nome scritto su una lastra vicina a quella che vi abbiamo mostrato, è inciso da una mano incerta, in stampatello: Hanah.

Si tratta di un nome che fa riferimento alla cultura ebraica, e potrebbe essere un tassello importante per capire qualcosa in più sulle scritte svelate dalla cupola del Plebiscito. Una delle ipotesi al vaglio, ma siamo solo all’inizio, potrebbe riguardare l’atroce periodo della guerra, quando le famiglie ebree erano costrette a fuggire, o a nascondersi, magari in maniera rocambolesca, perfino in cima a una cupola per scampare all’orrore. E, si sa, i bimbi restano bimbi anche quando scappano, così la piccola Hanah potrebbe aver ceduto al desiderio di lasciare il suo nome inciso qui, in stampatello, con la mano tremante. Ma questa è solo fantasia, la verità ce la racconteranno solo gli esperti.