La compagnia di Punta Corsaro porta in scena Amleto nato a Scampia

La compagnia di Punta Corsaro porta in scena Amleto nato a Scampia
Giovedì 5 Febbraio 2015, 12:07
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NAPOLI. Amleto perso nel suo mondo è l'unico che abbia poi una visione chiara della realtà. Lo stesso accade a Amleto Barilotti, membro di una famiglia napoletana popolare che abita alle vele di Scampia, dove, per uscire di casa, bisogna chiedere il permesso ai pusher che controllano la zona, che esprime con malattia e isolamento il proprio disagio rispetto a ciò che lo circonda in questo «Hamlet Travestie» della compagnia di Punta Corsara (al Teatro India sino a domenica) con la regia di Emanuele Valenti che con Gianni Vastarella ne firma la drammaturgia, che s'ispira alle parodie di John Poole e Antonio Petito attraverso le quali si arriva all'originale di Shakespeare.



Ed è in questo percorso inverso, che nasce il senso di questo spettacolo comico drammatico, tra gente che vive precariamente ma senza farsi troppe domande, alla giornata, tra figli problematici, povera casa, lavoro che non quaglia legato a una bancarella e debiti con uno strozzino, a contrasto con i dubbi e timori del figlio Amleto, il cui padre è morto in un incidente automobilistico con una Duna bianca. E lui, come da copione, dal dramma originale sul suo omonimo che legge e rilegge, lo cerca, lo vorrebbe interrogare, sino a sbottare dolorosamente: «Ma che m'hai chiamato Amleto a fare, se poi non mi comparisci, non mi parli?» Il tema è allora anche quello dell'impotenza, dell'incapacità di essere all'altezza dei modelli, che ritroviamo anche nei familiari di Amleto, inadeguati a dar credibilità ai propri personaggi, quando si trovano costretti a recitare la tragedia shakespeariana, per coinvolgerlo e farlo tornare alla realtà, cosa che alla fine accadrà e con assai maggior lucidità di tutti gli altri e incoscienza nell'improvvisa necessità di passare all'azione.



Un mondo in cui manca sempre un qualche equilibrio, una famiglia che è specchio di una società e le cui tragedie sembrano grottesche, appaiono come farse, come la riscrittura burleque di Amleto fatta a inizio Ottocento da Poole o quella del Faust con cui ha giocato Petito, ma in trasparenza i modelli resistono, hanno un senso per lo spettatore che li conosce, che sa.
Uno spettacolo molto musicale, che procede spesso quasi con movimenti coreografici da balletto moderno nella sua apparente confusione come nei momenti in cui tutti si ritrovano in fila a cercar di tirare qualche filo, recitato in napoletano, che corrisponde alla temperatura, al colore della recitazione e della messinscena che ruota nel palcoscenico nudo attorno a alcuni banchetti usati nei modi più diversi per costruire e dividere spazi. Al centro Amleto, isolato e che gira coprendosi con una grande coperta di lana a quadri, visionario e lucido assieme, è Vastarella, mentre la sua famiglia dai forti legami interni ha al centro la madre Amalia/Gertrude di Giuseppina Cervizzi con al fianco lo zio Salvatore di Christian Giroso, e ancora la fidanzata di Amleto Ornella/Ofelia di Valeria Pollice, suo fratello Ciro/Laerte di Carmine Paternoster e il loro padre, detto o' professore, che è lo stesso Valenti, tutti impegnati senza risparmio a giocare sopra le righe, ma senza esagerare o scadere, così da finire per essere trascinanti e conquistarsi lunghi e calorosi applausi finali.
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