Pompei, riecco l'affresco dell'Adone ferito dopo i restauri | Foto

Pompei, riecco l'affresco dell'Adone ferito dopo i restauri | Foto
di Claudia Procentese
Lunedì 24 Agosto 2015, 18:51 - Ultimo agg. 26 Agosto, 09:31
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L’Adone ferito torna a risplendere. È durato circa tre mesi il restauro dell’affresco pompeiano, nell’omonima casa in via di Mercurio, reso possibile grazie ai contributi ricavati dalla vendita dell’ultimo libro di Alberto Angela “I tre giorni di Pompei”, presentato ieri sera nell’anfiteatro della città antica sepolta dal Vesuvio nel 79 d.C. Nel pomeriggio la parete dipinta, collocata in un piccolo giardino della domus messa in luce dagli archeologi nel 1838, è stata svelata per la prima volta, anche se la riapertura al pubblico della casa è prevista per gli inizi del prossimo anno.

Il metodo - «Il procedimento tecnico - ha spiegato il direttore dei lavori Fabio Galeandro - ha visto la rimozione di tutti gli elementi non originari rispetto all’affresco, come patine e stuccature. Riportato l’affresco ad una sua condizione ottimale, il restauro ci permette adesso di riapprezzarlo così com’era e - ha sottolineato l’archeologo -, in questo caso, si vede che i colori non sono stati caricati. È importante, infatti, che il bene non venga alterato, per cui si è cercato di togliere tutto quello che era in più, che non era compatibile con la materia originaria e di ripristinare la situazione più vicina possibile a quella che doveva essere duemila anni fa». Insomma la megalografia di IV stile, rara testimonianza a Pompei insieme a quella della Villa dei Misteri, raffigurante Adone morente, vittima del geloso Ares, tra le braccia di Afrodite, al centro dei due gruppi statuari di Achille e Chirone, «è stata sottoposta al consolidamento della pellicola pittorica, all’eliminazione di sali e alla sistemazione di tutti gli strati di preparazione rinsaldando l’intonaco al supporto murario» come illustrato da Ernesto De Carolis, responsabile unico del procedimento, a cui hanno collaborato anche Manuela Valentini, direttore operativo restauratore, e Francesco Esposito, Diego Ferrara e Marco Biglietto dell’Officina del restauro.

L’intervento - Un lavoro certosino, costato ventimila euro, da parte di un’equipe che ha messo in pratica la volontà di Alberto Angela di «dare un futuro a questo passato». «Stiamo vivendo un momento drammatico per quanto riguarda la distruzione di un patrimonio archeologico che non è soltanto di un Paese, ma è di tutta l’umanità - ha detto lo scrittore e conduttore di programmi televisivi, riferendosi alla recente furia devastatrice dell’Isis -.

Pompei è un capolavoro assoluto dell’uomo che appartiene a tutto il pianeta non soltanto a noi italiani. In questa occasione stiamo cercando di fare un discorso opposto a quello che si legge oggi sui giornali, di tutela e valorizzazione ma soprattutto di conservazione, in questo caso di un piccolo affresco, ma è un’idea che passa, cioè quella di dire “questo è il nostro passato, il presente che difendiamo e il nostro futuro”. Lavorando qui, ho sentito la necessità di dover aiutare. Leggendo questo libro, entri nella storia di Pompei e avrai contribuito alla sua custodia. Spero che si apra una linea da seguire, un modello da adottare, perché i nostri pronipoti devono potersi emozionare a Pompei esattamente come facciamo noi oggi”.

Sponsorizzazione privata - Un segnale di speranza, dunque, e una collaborazione pubblico-privata per coniugare interventi di salvaguardia con la promozione e la diffusione della conoscenza dei siti archeologici. «Questi interventi straordinari vengono a completare il nostro lavoro che prevede la messa in sicurezza delle strutture con il Grande Progetto Pompei - ha spiegato Massimo Osanna, soprintendente di Pompei, Ercolano e Stabia -. Nella casa dell’Adone ferito non era previsto il restauro degli affreschi e così riusciamo a fare un altro passo avanti per la restituzione totale di Pompei al pubblico. Siamo sempre stati aperti ai privati, in questa soprintendenza c’è una tradizione più che decennale. Ritengo che Pompei è un patrimonio dell’umanità e deve essere gestito con la cooperazione e collaborazione di tutti».

La bellezza - Tra i visitatori anche il neo-direttore dell’are archeologica e del museo Paestum, Gabriel Zuchtriegel, in veste privata. Fresco di nomina, si è lasciato guidare dagli archeologi negli ambienti della domus ubicata nella Regio VI e nota un tempo anche come casa della Toeletta di Ermafrodito, dall’immagine raffigurata sull’affresco posto nella stanza di rappresentanza che affacciava nel peristilio, dove il dominus riceveva persone di riguardo e faceva convivi serali. «Non rilascio dichiarazioni ufficiali - ha detto Zuchtriegel-, sono qui per ammirare la bellezza dell’affresco restituito e del luogo».

I crolli - In serata, dopo un tour nell’area archeologica illuminata dalle luci del tramonto, il racconto di Angela (protagonista del primo degli incontri letterari organizzati nell’ambito di “Un’emozione notturna”, progetto promosso dalla Regione Campania attraverso la Scabec, che propone una serie di appuntamenti fino al 27 settembre), a mo’ di reportage, delle ultime ore di Pompei, raccolto nel suo libro edito da Rizzoli. Sul palco allestito per l’occasione accanto alla piramide lignea che ospita la mostra dei calchi dentro l’anfiteatro, il noto divulgatore scientifico ha ricordato anche i recenti smottamenti e i crolli di muri tra le rovine. «Punto primo a Pompei parliamo di edilizia semplice, punto secondo - ha continuato - qui è arrivata la fine del mondo, ondate di nubi ardenti, lapilli, la città è stata sottoposta ad una violenza fisica, poi per circa 1700 anni è rimasta sepolta, con tutta l’acqua che passava, che faceva fuori le travi, che intaccava le struttura delle case. Riportata alla luce, rimane all’aria aperta e subisce anche un bombardamento durante la seconda guerra mondiale. Non dobbiamo, quindi, meravigliarci che i muri vengano giù, ma sta a noi impedire che ciò accada. Non sta a me dire ciò che bisogna fare, ma non trovo che ci sia un disamore per questa città antica. Sono ottimista, credo che faremo meglio in futuro. Pompei è città viva, messa nel frigorifero del tempo, ma continua a dare calore e luminosità».

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