Torre del Greco. Il cardinale Sepe: «Il parroco Romano presto santo»

Torre del Greco. Il cardinale Sepe: «Il parroco Romano presto santo»
di Teresa Iacomino
Venerdì 25 Settembre 2015, 11:49 - Ultimo agg. 14:00
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TORRE DEL GRECO. La città si stringe attorno al suo Beato. E a chiedere la massima partecipazione a sostegno dell'opera che punta a portare alla canonizzazione di Vincenzo Romano è anche il cardinale Crescenzio Sepe. L'arcivescovo di Napoli sarà chiamato, il prossimo 8 ottobre, a presiedere la concelebrazione eucaristica che arriva a conclusione del processo diocesano su un presunto miracolo avvenuto proprio a Torre del Greco per l'intercessione di quello che nella città del corallo è da tutti definito il «parroco santo».



«Intensifichiamo la supplica alla santissima Trinità - scrivono in un volantino che verrà distribuito nei prossimi giorni i fedeli della basilica di Santa Croce, la chiesa dove si terrà la messa e della quale don Vincenzo Romano è stato parroco dal 1799 al 1831 - perché affretti il giorno in cui l'umile parroco di Torre del Greco venga iscritto nell'albo dei Santi della Chiesa».



Una vicenda che sta coinvolgendo i fedeli della città, molto devoti al Beato come del resto all'Immacolata, la cui processione prende il via e si conclude proprio nella basilica di piazza Santa Croce. Un coinvolgimento che sembra avere contagiato anche il cardinale Sepe, che si è mostrato entusiasta per il percorso intrapreso dalla causa di canonizzazione. E così nei giorni scorsi ha scritto una accorata lettera ai sacerdoti della Diocesi di Napoli nella quale, ricordando che don Vincenzo Romano è stato «il primo parroco italiano del clero diocesano beatificato da Papa Paolo VI il 17 novembre 1963» esprime il desiderio di «avervi spiritualmente uniti a me per ringraziare il Signore dell'immenso dono fatto non solo alla cara città di Torre del Greco, ma all'intera Diocesi e alla Chiesa universale per la vita santa di questo nostro sacerdote».



Crescenzio Sepe ricorda le parole usate allora dal Pontefice in quella giornata di oltre cinquant'anni fa: «Lo schema della vita di don Vincenzo Romano - affermava il Papa - sembra quello normale di un sacerdote in cura d'anime. Dov'è l'aspetto straordinario proprio della santità? Dov'è l'aspetto esemplare che meriti la nostra imitazione e la nostra venerazione? Il suo comportamento pastorale non è l'affanno di Marta, non è la dissipazione che svuota l'attivista di una sua profondità personale: è carità che arde di dentro e che si accende nell'intimità del colloquio devoto e della meditazione pensosa e poi trabocca».



«Ancora oggi - sottolinea in conclusione della sua lunga missiva l'arcivescovo - egli è un modello di vita sacerdotale tutta protesa verso Dio, senza mai trascurare un fratello. Auspico che tutti, specialmente i sacerdoti, continuino a seguire la strada della santità percorsa da Vincenzo Romano in modo da poter compiere bene il bene, come amava dire il Beato. Infine, vi chiedo di accompagnare con particolarissima preghiera il cammino che, confidando nella provvidenza».



A don Vincenzo Romano è legato uno degli episodi più significativi della storia cittadina: era il giugno del 1794 quando una terribile eruzione del Vesuvio distrusse parte della città. Il viceparroco del tempo, don Vincenzo, in preghiera con i fedeli vide distruggere la chiesa ma non il campanile, in parte sommerso dalla lava (così come si presenta oggi). Il Beato all'epoca lavorò intensamente per riedificare la chiesa.
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