Il suo sogno? Dirigere un Parsifal («Io che ho fatto tutto Wagner ma a Firenze costava troppo e l'abbiamo cancellato») mentre continua a portare per il mondo «la faccia positiva di Israele», ovvero la sua Israel Philharmonic Orchestra, dal 1969, un record di sicuro. Il maestro è tornato al Massimo napoletano a distanza di pochi mesi, dopo i trionfi del Tristan und Isolde di Richard Wagner e della Sinfonia n. 3 in re minore di Gustav Mahler, quando l'orchestra lo salutò con una lettera commovente. «Il San Carlo mi vuole? Io ho impegni fino al 2018 ma resto vicino al teatro e alla città - racconta terminando la prova generale tra orchestrali in jeans e sandali, in una calda atmosfera di famiglia -. Napoli è bellissima, ma purtroppo ancora poco conosciuta nel mondo per i suoi tesori, io ne parlo sempre tanto. Mi piace molto anche il cibo».
Potrebbe mai essere qui un direttore stabile? «Per quello ci sono tanti bravi giovani in carriera, è un ruolo importante perché influenza l'orchestra» dice e ricorda le tantissime tournèe che lo attendono, dalla Serbia alla Cina, «lì non mi fermo neppure a Natale, non lo festeggiano» scherza. Al San Carlo però concederà un altro bis aprendo anche la stagione lirica, il 13 dicembre prossimo, con «Carmen» di Bizet e per due mesi proverà contemporaneamente il Rigoletto per Firenze, instancabile. Domani intanto tocca al repertorio romantico russo, la Sinfonia n.4 in fa minore, op.36 e la Sinfonia n.6 in si minore, op.74, «Patetica» di Ptr Ilic Cajkovskij. «Voglio ringraziare il maestro Mehta per aver voluto ancora una volta dimostrarci il suo affetto e la sua vicinanza,l a sua rinnovata presenza conferisce ulteriore prestigio alla nostra programmazione - dichiara la sovrintendente Rosanna Purchia - L'auspicio è che possa essere sempre più presente nelle stagioni del San Carlo, sul podio di concerti ed opere, così da continuare a contagiare, con il suo entusiasmo e le sue inesauribili energie, il pubblico napoletano e i complessi artistici del Teatro».
Alla donazione del maestro, si augura Purchia, dovrebbero seguirne altre, da parte di altri artisti ma anche di appassionati e collezionisti privati. «Ci sono anche ottimi strumenti moderni, non devono suonare tutti uno Stradivari - racconta Zubin Mehta lanciando anche consigli per gli acquisti - come i contrabbassi che ho fatto prendere in Romania ad Israele.
E poi gli strumenti sono investimenti, ricordo quelli comprati grazie ad una eredità a Los Angeles, ai miei inizi negli anni '60, ed usati ancora oggi, dopo tre generazioni».