La diversità come ricchezza alla Fiera internazionale del libro per ragazzi di Bologna

La diversità come ricchezza alla Fiera internazionale del libro per ragazzi di Bologna
di Donatella Trotta
Martedì 31 Marzo 2015, 21:25 - Ultimo agg. 21:28
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La “differenza” può non essere una sottrazione, ma una ricchezza. E ciò che viene considerata una “disabilità” può diventare un dono. Purché si abbia un “supplemento di pensiero divergente”, con la sua capacità di “pensare in modo speciale: perché ciascuno di noi, nessuno escluso, ha bisogni speciali. Ciò che ci rende umani”. Sally Gardner, versatile artista, attrice e scrittrice londinese lo afferma con grande passione (e a ragion veduta, per la sua storia personale), strappando applausi alla Fiera internazionale del libro per Ragazzi di Bologna dove ha partecipato, stamattina, a un coinvolgente incontro ad alta intensità emotiva su “specialità, disabilità, differenze e risorse nei libri per ragazzi”, promosso dall Ibby Italia e coordinato dalla sua presidente, Silvana Sola.



Sally è nata a Londra, dove vive e lavora, dopo essersi diplomata con il massimo dei voti all’Art College di Londra, aver studiato teatro diventando disegnatrice di costumi e, in seguito alla nascita dei suoi due figli, scrivendo e illustrando con successo libri per bambini. Eppure, per i suoi primi insegnanti era soltanto una “ragazza impossibile da istruire”, etichettata come uno scarto e perciò costretta nella sua sofferta infanzia a peregrinare tra molte scuole, prima di riuscire a imparare a leggere e a scrivere a 14 anni: solo perché la sua grave forma di dislessia non era capita. “Forse – commenta amara a Bologna – la disabilità non è tanto in noi, quanto nel mondo dell’istruzione inadeguato a comprendere le persone diverse. Io ho sempre avuto la testa piena di storie, un amore speciale per le parole e una viva immaginazione visuale. Ma ero considerata diversa, e i miei talenti non riconosciuti mentre i libri, la cultura, l’arte dovrebbero essere accessibili a tutti, sviluppando forme multisensoriali di apprendimento”.



Le fa eco, a Bologna, l’artista argentino Gusti, che ha raccontato la sua straordinaria esperienza di padre di un bimbo affetto dalla sindrome di Down, aderente all’associazione Windown (www.windown.org), nel libro “Mallko y papà”: “La peggiore incapacità – dice con dolcezza in spagnolo testimoniando con gli occhi lucidi la sua storia - è non avere opportunità, non avere cuore: i bambini con sindrome di Down non sono ‘angioletti’, come li si etichetta al mio Paese, ma sono bambini, capaci di cambiarti la vita in meglio con la forza del loro puro amore, del loro cuore puro”. Soprattutto, senza i pregiudizi che affliggono la maggior parte degli individui: come racconta, in un’altra tra le novità della Fiera, il libro a fumetti “Downtown” (Sonda editore, con un’introduzione di Anna Contardi, coordinatrice dell’Associazione italiana persone Down), sottotitolo: “Mi chiamo Edo, ho la sindrome di Down, una fidanzata, tanti amici e un disco preferito”.



Già: perché, come si legge in questo libro e come ha confermato il toccante racconto in prima persona di Gusti, “Il brutto dell’avere la sindrome di Down è che il giorno in cui nasci i tuoi genitori diventano un po’ tristi. Il bello è che, dopo quel giorno, non lo saranno mai più”. Una ulteriore conferma della necessità di cambiare sguardo sul tema delle disabilità “come risorsa e non come condanna”, aggiunge Silvana Sola citando una splendida Madonna del Mantegna conservata nell’Accademia Carrara di Bergamo e dipinta con Bambino Down, viene anche dalla scrittrice Beatrice Masini. Che con l’illustratrice Vittoria Facchini ha saputo narrare, tra parole e immagini incisive, la vita di Temple Grandin nel libro dall’eloquente titolo “Siate gentili con le mucche” (Editoriale Scienza).



Non era una storia facile da raccontare, soprattutto ai bambini, trovando i codici giusti per arrivare al cuore di una vicenda paradigmatica: Temple Grandin, affermata docente universitaria, nata a Boston nel 1947, è infatti una ricercatrice celebre nel mondo per i suoi studi sul mondo animale e anche per le sue attività di progettista di attrezzature per il bestiame. Con un piccolo dettaglio non trascurabile: la sua grave forma di autismo, nei primissimi anni Cinquanta ancora poco conosciuta e dunque, all’epoca, scarsamente affrontata. Tanto che il papà (dal quale la mamma di Temple opportunamente divorziò, crescendo e curando da sola, con enorme coraggio, la bimba e altri tre figli) voleva liberarsene, relegando quella piccolina apparentemente rinchiusa nel suo guscio in un istituto. La caparbietà, l’intuito pedagogico (e l’amore) della mamma hanno avuto la meglio: e-ducando Temple a realizzare la propria identità, a coltivare i propri talenti e a vincere la sfida di raggiungere una dimensione oltre i propri limiti. In che modo, le parole poetiche di Beatrice Masini e le immagini empatiche di Vittoria Facchini riescono a spiegarlo con una sintesi perfetta.

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