Alla scoperta dei luoghi e dei volti delle città nello sguardo dei documentaristi

Alla scoperta dei luoghi e dei volti delle città nello sguardo dei documentaristi
di Donatella Trotta
Mercoledì 20 Maggio 2015, 23:47 - Ultimo agg. 22 Maggio, 11:49
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Immagini di città. Visioni urbane che, attraverso una pluralità di sguardi, documentano luoghi da scoprire (o riscoprire), raccontano persone spesso ”invisibili“ nella quotidianità e testimoniano la complessa ma affascinante arte del (con)vivere: con il valore aggiunto del cinema come strumento di conoscenza e di forte impatto, visivo ed emotivo. Sono giorni ghiotti per gli appassionati di film documentari: genere apparentemente minoritario ma tornato in auge anche tra il grande pubblico grazie al successo di opere come «Il sale della terra», scritto e diretto da Juliano Ribeiro Salgado e Wim Wenders per narrare l’opera del grande fotografo brasiliano Sebastião Salgado, o - anche - grazie alla tenacia dell’impegno solitario e carsico di registi come l’ischitano Leonardo Di Costanzo, residente tra Parigi e Napoli, per fare solo due esempi. Tanto che anche Nicola Campiotti, figlio d'arte del celebre regista di fiction di grande successo come "Braccialetti rossi,", Giacomo, ne ha offerto una prova significativa con il film documentario «Sarà un paese», prodotto dall'Indrapur cinematografica di Sergio Scapagnini e proiettato in prima visione a Napoli la settimana scorsa, all'Ambasciatori. Mentre persino Walter Veltroni, con il film «I bambini sanno», ha sentito il bisogno di esprimersi in forma documentaria.



A offrire una significativa occasione in quest’ottica, a Napoli, sono ora tre iniziative diverse, tutte previste nel centro storico della città, ma che vale la pena di segnalare insieme, in quanto accomunate dalla scelta di documentare siti e convivenze metropolitane in un orizzonte audiovisivo che interpella lo spettatore rinviando a una molteplicità di àmbiti: da quello storico-artistico e architettonico al sociologico fino all’antropologico.



Il primo appuntamento, di taglio educativo con tanto di dibattito con gli studenti, è in programma venerdì 22 maggio alle ore 11 presso l’Istituto d’Este Caracciolo (in via Santa Maria Antesaecula 52, zona piazza Cavour), con la proiezione seguita da dibattito di un video, «Italiani per la Costituzione», realizzato dalla fotografa Simona Filippini con Matteo Antonelli dell’Associazione culturale Camera 21 nell’ambito di un progetto itinerante di integrazione e sensibilizzazione ai valori della Costituzione italiana, sullo sfondo di metropoli italiane sempre più multietniche. Il video, realizzato con un contributo della Fondazione Adc Onlus, racconta infatti attraverso interviste a ragazzi di diverse regioni italiane - i cui genitori provengono da Paesi extracomunitari - le città in cui vivono e la loro quotidianità, intrecciandole ad articoli della Costituzione.



Sempre venerdì 22 maggio, un appuntamento nel segno della riscoperta e valorizzazione di siti simbolici della città: alle 20.30, nella Basilica di San Giovanni Maggiore (rampe San Giovanni Maggiore Pignatelli, zona università) saranno infatti proiettati tre cortometraggi prodotti nell’ambito della sezione «In Residenza - i luoghi di Napoli» del «City Film Festival - L’immagine della città», rassegna di cinema documentario e fotografia nata a Napoli l’anno scorso per iniziativa dell’Associazione Ugo Matania con una pluralità di partner istituzionali, il contributo della Fondazione Ordine Ingegneri di Napoli e dello Studio legale Cioffi & Associati, sotto la direzione artistica di Lorenzo Cioffi e Silvia Angrisani.



Protagonisti dei tre «Corti», altrettanti siti napoletani densi di magnetismo ambientale e di storia: Palazzo Serra di Cassano, oggetto del film «Un palais pur les idées» di Alain Fleischer (durata 25 minuti); la Casa d’artista Matania di via Aniello Falcone, al centro del corto «Matania», per la regia di Lorenzo Cioffi e Corrado Costetti (15’); e la stessa chiesa monumentale di San Giovanni Maggiore, raccontata in 15 minuti da Gianluca Loffredo in «La Basilica», una sorta di docu-fiction sulla bellezza di questo sito con una produzione realizzata proprio con il sostegno della Fondazione Ordine degli Ingegneri di Napoli, il sodalizio presieduto da Luigi Vinci che nel 2011 ha ricevuto in affidamento dall’Arcidiocesi di Napoli l’antico edificio di culto, chiuso da 42 anni, per restituirlo al culto e alla città, dopo un lungo restauro a cura della Soprintendenza.



«La Basilica - spiega il regista Gianluca Loffredo – è un’atmosfera: un luogo in cui la bellezza si fonde con l’anima. Perciò ho deciso di raccontare questo luogo e i suoi stati d’animo». Nel film un professore e un vedovo di 60 anni «si sfiorano all’interno della Basilica – prosegue il regista – e ridestano il ricordo bello e tragico della storia collettiva di una città e della storia privata di un amore finito prematuramente». Così, amore e morte, passato e presente si fondono, in questo spettacolare scenario sacro, «per creare - aggiunge Loffredo - un affresco della città in cui la vita della Basilica diventa metafora di un movimento che non resta impotente di fronte ad ostacoli che sembrano invalicabili».



L’affresco storico ritorna anche nel film su Palazzo Serra di Cassano, dove Fleischer posa lo sguardo di un visitatore straniero su un edificio aristocratico napoletano, simbolo della Rivoluzione del 1799 nel cuore di un quartiere che è anche popolare. «In questa dimora luogo di memoria - sottolinea il regista - appaiono con discrezione le tracce di un’attività intellettuale contemporanea di alto livello. Il luogo diventa così simbolo dell’Italia, Paese in cui si intrecciano in modo unico la storia e la modernità, le arti e il pensiero». Arti presenti anche nel documentario su Casa Matania, residenza che ha ospitato e unito più generazioni di creativi lungo tutto il «secolo breve», in un’interazione tra opere e generazioni che riverberano le loro testimonianze sui muri di una dimora dove ancora risiede ed è attiva la sensibilissima artista Tullia Matania. Non a caso il «City Film Festival» è nato, come spiegano i suoi direttori artistici, «dalla voglia di costruire in questa città inafferrabile caleidoscopio di storie e al tempo stesso di guardare lontano, dal desiderio di cinema e dalla passione per il documentario», ma anche dalla voglia di «ispirare ospitando film che ci parlano della vicinanza di uomini lontani, ma anche dell’altrove radicale; film la cui capacità di re-invenzione è legata alla forza di uno sguardo».



Ispirazione affine allo spirito del terzo appuntamento da segnalare: la prima visione a Napoli del docu-film «Asmarina», documentario della durata di 69 minuti di Alan Maglio e Medhin Paolos sulla comunità habesha (etiope-eritrea) di Milano, in programma martedì 26 maggio alle ore 17 (ingresso libero) in una sede molto particolare, da scoprire: il chiostro di Santa Fede (in via San Giovanni Maggiore Pignatelli 5), ex Conservatorio o reclusorio di donne e spazio attualmente autogestito su iniziativa del collettivo di cittadini che lo scorso dicembre lo ha ri-aperto al pubblico dopo anni di inutilizzo e abbandono.



L’iniziativa, dal titolo «Borderscapes» (inizio ore 15), rientra nel seminario transdisciplinare del Centro Studi Postcoloniali e di Genere (CSPG) del Dipartimento di Scienze umane e sociali dell’università L’Orientale di Napoli, diretto da Iain Chambers, che introdurrà il pomeriggio con i contributi dell’architetto Elena Pagliuca, del Comitato Santa Fede Liberata; Yasmine Accardo, dell’associazione Garibaldi 101 e LasciaCIEntrare; Nicoletta Vallorani, dell’univesità di Milano, Serena Guarracino e Alessandra Ferlito, del CSPG e Dizioni Diasporiche (spazio di pratiche artistiche, analisi e scambi legati alla diaspora in Italia, nato dall’esperienza di un gruppo di ricercatori italiani con l’obiettivo di promuovere la creazione di un archivio di documentazione sul genomeno).



«Asmarina» è un docu-film prodotto nell’ambito del Festival Docucity, nato in seno all’università di Milano nel 2006 proprio con l’intento di documentare le città e le cultura urbane attraverso sguardi inediti e un intreccio di storie e civiltà differenti, per creare una sorta di palinsesto dei luoghi del nostro attuale vivere insieme. «La comunità eritrea/etiope - spiega il sito web del progetto - è presente in Italia da almeno mezzo secolo, integrata nel tessuto cittadino in maniera socialmente e culturalmente attiva. A partire dai documenti fotografici che costituiscono la memoria collettiva della comunità, il film raccoglie l’eredità delle storie personali, indagando le sfumature dell’identità, della migrazione e delle aspirazioni delle persone».
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