Aulitto, il dialogo tra mare e cielo e la tragedia dei migranti

Aulitto, il dialogo tra mare e cielo e la tragedia dei migranti
di Donatella Trotta
Giovedì 29 Ottobre 2015, 14:06 - Ultimo agg. 10 Giugno, 11:50
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Due archetipi potenti: il cielo, il mare. Che rinviano, da sempre, alla trascendenza e al viaggio: dalla mitologia di antichi eroi e ulissidi di ogni tempo fino ai povericristi migranti di oggi, in fuga da orrori diversi e in cerca di una comune dignità. Due orizzonti, simbolici e reali, che tra aria ed acqua rimandano anche a due elementi primordiali della natura e della vita. A intrecciarli – tra pitture, sculture e video - è ora l’artista puteolano Vincenzo Aulitto nella sua nuova, fortemente evocativa installazione, dal non casuale titolo «Il mare nel cielo».



Dopo il successo registrato in una precedente esposizione, nei mesi scorsi, nella Casina Vanvitelliana del Fusaro - area flegrea costellata di intrecci simbolici tra natura vulcanico-sulfurea e cultura ancestrale, che da sempre nutre l’ispirazione del poliedrico artista sessantenne nelle sue operazioni artistiche anche nel resto d’Italia e all’estero - la mostra approda da oggi al PAN, Palazzo delle arti di Napoli (Palazzo Roccella, via dei Mille 60, vernissage ore 17,30-21), dove resterà aperta fino al 23 novembre (tutti i giorni ore 9,30 -19,30; domenica 9,30-14, martedì chiuso).



Mare e cielo sono posti da Aulitto in un dialogo di infiniti rispecchiamenti, ai confini tra realtà e sogno: a partire dall’opera principale dell’installazione, un telo circolare di circa cinque metri di diametro, sospeso a tre metri di altezza con le sue tracce di “costellazioni” marine di una fauna ittica (cetacei, delfini e pesci) che, di volta in volta, può trasformarsi anche in schermo su cui proiettare brevi filmati e immagini di nuvole e fondali marini. Al centro della sala, una scultura che raffigura il vello d’oro poggiato su una parabola nera evoca un trasparente riferimento mitologico dell’artista: Giasone, quasi un capostipite di arcaici viaggiatori del Mediterraneo in cerca di fortuna, e di salvezza. Opere “abbracciate” dalle pareti dove, da ulteriori dipinti su carta, occhieggiano cieli stellati percorsi da insolite astronavi, con segni grafici (tra conchiglie e resti biologici marini) che, insieme con i calchi di cozze racchiusi in una teca, alludono nelle intenzioni dell’artista alla necessaria continuità tra passato, presente e futuro, nel viaggio dell’umanità attraverso lo spazio e un pluri-verso dove trova posto, come nel testo di Stephen Hawking L’universo in un guscio di noce, persino l’infinitamente piccolo.



Non solo. La mitologia e la scienza trascolorano poi nell’attualità più drammatica quando, nella bellezza di un mare che si riflette nel cielo (e viceversa), affiorano a volte i corpi ormai inanimati di migranti, anche bambini, vittime di un nuovo esodo di biblica memoria, che ogni giorno registra nuovi tragici naufragi. Un esodo che non lascia indifferente Aulitto, uomo flegreo e artista dalla sensibilità vibratile e dall’impegno quarantennale che ha sempre coniugato, dopo la laurea all’Accademia di Belle Arti di Napoli nel 1978, ricerca (est)etica e militanza cristiana. E delle tre virtù di Tsvetan Todorov (indignazione, semplicità, compassione) è soprattutto la terza a prendere allora il sopravvento nell’installazione: inducendo anche gli spettatori a riflettere sull’interdipendenza di un mondo dove creature (del regno animale, vegetale, minerale) e creato, specie viventi e habitat sono collegati da un patto ineludibile di corresponsabilità.



Lo sguardo di Aulitto non si limita così a indugiare sulla grande bellezza offerta dalla natura che è una delle sue linfe vitali; si allarga, con questa installazione, anche alla scena del mondo globalizzato, intercettandone dettagli ed eventi che raccontano le storie invisibili di cui è intessuta la grande Storia. Un approccio, più che artistico o ecologico, “ecoestetico” e profondamente, laicamente spirituale. Sottolineato anche da un testo in brochure del critico d'arte Stefano Taccone e dalle videoimmagini di Costantino Sgamato. Per il vernissage di stasera, anche una performance di parole inversi con gli attori Salvatore Di Fraia e Angela Cicala.



Sabato 21 novembre alle 17,30, poi, sempre nella sede espositiva del PAN, ci sarà anche un incontro dal titolo «I nuovi Argonauti», con la partecipazione, assieme all’artista Vincenzo Aulitto, di Yvan Sagnet (il giovane sindacalista e scrittore africano che si ribellò allo strapotere dei caporali in Puglia), del critico Stefano Taccone, del direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli Giuseppe Gaeta e del sacerdote don Antonio Maione, all’attesa presenza dell’assessore alla Cultura Nino Daniele. Un ulteriore modo di approfondire gli stimoli sociali offerti dalla mostra.
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