Regione Campania, De Luca querela la Bindi: «Diffamato dalla black-list»

Regione Campania, De Luca querela la Bindi: «Diffamato dalla black-list»
di Corrado Castiglione
Mercoledì 3 Giugno 2015, 08:36 - Ultimo agg. 15:26
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Quando l’Antimafia inserì il suo nome nella blacklist dei candidati ”impresentabili” - a poche ore dalla chiusura della campagna elettorale - Vincenzo De Luca annunciò due mosse: per prima cosa, avrebbe invitato la presidente della Commissione Rosy Bindi in un dibattito pubblico per «sbugiardarla» e poi l’avrebbe denunciata.

Ebbene, appena eletto alla guida della Regione Campania il neo-governatore tiene fede alla promessa e, se per il confronto pubblico evidentemente non ce n’è più tempo né utilità, ecco che si presenta nel palazzo della Questura di Salerno e avanza querela nei confronti dell’onorevole Bindi.

Nell’esposto - girato subito per competenza a Roma - si chiede alla Procura della Capitale di procedere per diffamazione, attentato ai diritti politici costituzionali e abuso d’ufficio. D’altronde De Luca non ha mai fatto mistero del suo pensiero: nel momento in cui Bindi ha reso pubblica la lista dei cosiddetti politici «impresentabili» ha determinato un danno d’immagine, è andata oltre i compiti assegnati dalla legge alla Commissione Antimafia e ha influito sulla formazione della volontà popolare.

Tanto più che la vicenda giudiziaria cui si riferisce l’Antimafia risale ad un episodio del ’98, non ancora andato in dibattimento solo perché De Luca ha rinunciato alla prescrizione. Ragionamento condiviso dal vice-segretario nazionale pd Lorenzo Guerini e rinvigorito da alcune circostanze: la tempistica non consentiva un sufficiente spazio di replica ai presunti ”impresentabili”; alcuni commissari inoltre, come Enrico Buemi e Marco Di Lello, avanzarono dubbi visto che il nome di De Luca originariamente non c’era in lista, comunque l’elenco non fu discusso nell’ufficio di presidenza e in ogni caso è rimasta incomprensibile la scelta di restringere lo screening solo alla Campania e alla Puglia, come se non si votasse anche in altre cinque regioni. Tutti argomenti che spinsero alcuni dirigenti del Nazareno ad intervenire: dallo stesso Guerini («rivincite personali»), a Maria Elena Boschi («assurdo che un dirigente del partito regoli i conti prima del voto»), a Deborah Serracchiani («bisogna fare in modo che nessuno utilizzi le istituzioni per fini o ripicche personali»).

Di fronte alla querela la Bindi si limita a commentare con poche parole: «Quella di De Luca è una denuncia priva di ogni fondamento, un atto puramente strumentale, che ha scopi diversi da quelli che persegue la giustizia e che pertanto non mi crea alcuna preoccupazione». Ad ogni modo è una mossa che spiazza la Commissione. Non a caso proprio ventiquattr’ore fa la stessa Bindi aveva escluso ogni iniziativa giudiziaria: «Non può querelarmi, non lo farà», aveva detto la presidente dell’Antimafia nel fare gli auguri al nuovo governatore della Campania. Ma il caso non è archiviato affatto. Anzi, sembra soltanto l’inizio di un nuovo polverone sull’Antimafia. Ne avverte il rischio il vice-presidente della Commissione Claudio Fava: «La denuncia di De Luca nei confronti di Bindi, oltre che un atto di grossolana volgarità, è una di quelle ”querele temerarie” che il Parlamento si appresta a sanzionare come atti palesemente ritorsivi e intimidatori».

E poi aggiunge: «De Luca sa che il suo problema non è il lavoro scrupoloso della Commissione antimafia, ma la legge Severino. La sua querela è un modo ridicolo per provare a distrarre l’opinione pubblica dall’unico fatto incontrovertibile: De Luca non è nelle condizioni giuridiche per governare la Campania». Non solo. In arrivo ci sono altre querele. Innanzitutto da chi non è stato eletto, come Sandra Lonardo Mastella, che annuncia: «La presidente della Commissione Antimafia ha abusato del suo ruolo istituzionale. Dovrebbe avvertire il dovere di dimettersi». Stessa musica da Luciano Passariello, che invece è riuscito ad essere rieletto nella fila di Fdi-An: «Presenterò una denuncia nei confronti per diffamazione, attentato ai diritti politici e abuso d’ufficio. Sono stato inserito a dodici ore dal silenzio elettorale, in un elenco di cosiddetti ”impresentabili” in base a un codice di autoregolamentazione che la stessa Bindi ha violato. Non mi è stato dato tempo e modo di essere ascoltato e difendermi dalle accuse peraltro imprecise».

Analoga iniziativa viene annunciata anche da Biagio Iacolare, il candidato dell’Udc e vice-presidente uscente del Consiglio, che si era visto inserire nella lista nonostante «la sentenza di proscioglimento per prescrizione emessa dal gup del Tribunale di Napoli - alla quale ha fatto riferimento la Commissione - è stata annullata senza rinvio dalla Corte Suprema di Cassazione, sesta sezione penale, con pronuncia del 24 marzo 2015, con la formula ”perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”».

Nel pomeriggio di venerdì Iacolare - grazie ai legali Vincenzo Maiello e Nello Palumbo - ottenne la cancellazione dalla lista, ma espresse tutto il proprio disagio: «Aspetto un atto formale di scuse, nei miei confronti è stato commesso un errore di superficialità. Un errore commesso da una persona tanto dotta che ha portato alla mercé di tutti i nomi di presunti impresentabili senza avere approfondito con i suoi mezzi le carte e la realtà dei documenti».