Regione Campania, spunta un nuovo buco: a rischio 600 milioni della Sanità

Regione Campania, spunta un nuovo buco: a rischio 600 milioni della Sanità
di Gerardo Ausiello
Martedì 25 Agosto 2015, 08:27 - Ultimo agg. 26 Agosto, 09:22
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Il bilancio del Piemonte è incostituzionale. E quello della Campania? È certamente a rischio, soprattutto per la parte relativa ai debiti della sanità.



Come per il Piemonte, che si è visto bocciare il bilancio 2013 dalla Consulta, anche per la Campania i problemi contabili sono frutto delle modalità di utilizzo, da parte della giunta Caldoro (quindi prima dell'arrivo del neopresidente Vincenzo De Luca), dei fondi stanziati dal governo attraverso il decreto 35 (meglio noto come salva-imprese): tali risorse servivano per pagare i vecchi debiti con imprese e fornitori e invece quasi tutte le Regioni li hanno impiegati in parte per coprire disavanzo e in parte per nuova spesa. Producendo, di fatto, nuovo indebitamento. Tant'è che, secondo il coordinatore della commissione Bilancio della Conferenza delle Regioni e assessore in Lombardia Massimo Garavaglia, il rischio «buco» per l'uso distorto di tali finanziamenti (che sono un prestito concesso dallo Stato alle Regioni, obbligate a restituirlo in trent'anni) oscilla in tutto il Paese tra 9 e 25 miliardi di euro. Ce n'è abbastanza per correre ai ripari, probabilmente attraverso una norma ad hoc che spetterà a governo e Parlamento mettere a punto. Ma come si è arrivati a questo pasticcio?



In pratica, le Regioni hanno incassato dal governo una quantità di fondi superiore a quella che i bilanci potevano sostenere in termini di competenza. La parte eccedente produce un indebitamento, un «buco» da coprire. È proprio ciò che è successo a molte Regioni italiane. Anche, per certi aspetti, alla Campania. Per i debiti non sanitari nelle casse di Palazzo Santa Lucia sono arrivati prima 516 milioni e poi altri 241 milioni a fronte di un totale di fondi assegnati pari a un miliardo e 614 milioni. Mancano dunque all'appello 695 milioni che la giunta Caldoro ha deciso di non contrattualizzare proprio per non ritrovarsi nella condizione del Piemonte perché altrimenti sarebbe dovuta andare oltre i tetti assegnati dallo Stato al bilancio dell'ente, sforando il patto di stabilità, o avrebbe dovuto ridurre la spesa corrente.



Naturalmente ciò, se da un lato ha evitato complicazioni alla Regione, dall'altro ha penalizzato quelle aziende che sono ancora in attesa dei pagamenti per vecchie fatture. Questo è avvenuto perché, come sostengono in molti, la legge non ha tenuto conto di tutti gli aspetti contabili. Da qui la necessità di studiare una norma specifica che consenta di risolvere il caos contabile che molti governatori si trovano ora a fronteggiare. Le difficoltà della Campania riguardano invece la parte sanitaria. Sì, perché per onorare i debiti delle aziende sanitarie e ospedaliere la giunta Caldoro ha incassato nei mesi scorsi tre tranche di finanziamenti: la prima, pari a 531 milioni, da restituire con un mutuo annuale di 27 milioni; la seconda, dell'importo di 425 milioni, da restituire con un mutuo annuale di 21 milioni; la terza, di 993 milioni, che la Regione dovrà rimborsare con 42 milioni all'anno.



Ebbene di questa pioggia di euro (quasi 2 miliardi), 611 milioni sono una sorta di copertura degli ammortamenti (ovvero gli accantonamenti per fare fronte anche ad acquisti) che non sono stati effettuati dal 2000 al 2011.
Per tali risorse, allora, sarebbe stato necessario seguire un canale diverso, cosa che, stando ai tecnici di Palazzo Santa Lucia, in diverse aziende sanitarie e ospedaliere non sarebbe accaduta. È proprio su questa fetta di finanziamenti che la Corte dei Conti potrebbe accendere i riflettori per capire quanta parte di risorse sia andata effettivamente alle imprese o agli ammortamenti, come prevede la legge, e quanta invece sia stata utilizzata per nuova spesa.
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