Napoli, revocato il diritto all’accoglienza. Gli immigrati diventano «senza fissa dimora»

Napoli, revocato il diritto all’accoglienza. Gli immigrati diventano «senza fissa dimora»
di ​Francesco Romanetti
Mercoledì 12 Agosto 2015, 23:26 - Ultimo agg. 23:37
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I nomi dicono poco: Taraure, Osman, Idrissa...Eccetera, eccetera. Ognuno con la sua storia alle spalle: guerre, conflitti, parenti uccisi, fame.



Dieci vengono dalla Costa d’Avorio, due dal Mali, due dal Gambia, due dalla Nigeria, uno dal Togo. Tutti nerissimi, come la pece. Diciassette in tutto. Storie africane alle spalle. La fuga attraverso i deserti libici e poi la traversata in mare, ch’è sempre una scommessa con la morte. Il più giovane ha 19 anni, il più vecchio ne ha 31. Diciassette migranti. Poco o niente, di fronte alle grandi cifre delle migrazioni del nostro tempo. Però succede anche questo: succede che diciassette immigrati sbarchino da uno dei tanti barconi malandati, che vengano ospitati in una struttura d’accoglienza in Campania, che siano lì in attesa che venga valutata la richiesta d’asilo e che poi finiscano, da un giorno all’altro, in mezzo alla strada. Trasformandosi in «senza fissa dimora». Il motivo è un provvedimento preso dalla Prefettura. E il motivo del provvedimento è l’accusa di violenze, mossa dal direttore della struttura d’accoglienza (l’Hotel Villa Angela, di Terzigno) contro gli immigrati. Si riferisce a fatti avvenuti il 19 luglio scorso: due dipendenti dell’hotel sarebbero stati aggrediti durante un litigio. Ma la versione dei fatti, fornita dai migranti è totalmente diversa e non è stata mai presa in considerazione: strattonato in malo modo da un dipendente dell’hotel, un giovane ivoriano si sarebbe divincolato. Nessuna violenza. Questa almeno la tesi difensiva, che sarebbe avvalorata dai filmati delle telecamere di sicurezza. C’è però un altro particolare: i diciassette «espulsi» sono gli stessi migranti che avevano fatto conoscere, attraverso un video reso pubblico, le condizioni in cui erano ospitati a Villa Angela con altri 190 immigrati: in 26 in una sola stanza, dieci bagni per più di duecento persone, neanche un armadietto per tutti. «Si è trattato di una punizione collettiva, non degna di uno stato di diritto perché inflitta senza nessun accertamento dei fatti - sostiene Gianluca Petruzzo, dell’Associazione antirazzista 3 febbraio - Hanno pagato per aver chiesto condizioni umane di vita. Condizioni non assicurate, tra l’altro, da una struttura che prende 30 euro al giorno per ogni immigrato che ospita...». Così, da una decina di giorni, la protesta si ripete ogni giorno. Davanti alla Prefettura. Al ritmo di un tamburo. E con un paio di slogan, ripetuti all’ossessione: «Basta basta basta razzismo»; «Solidarietà, solidarietà»...



Ieri, dodici agosto. Piazza del Plebiscito appare ancora più vasta, nella desolazione di mezza estate. È quasi l’una, quando un giovane ispettore di polizia, walkie-talkie in una mano, varca il portone del Palazzo della Prefettura, si avvicina ai manifestanti sudati e stremati e porta l’atteso responso: fumata nera. Cortesia e garbo non mutano la sostanza: niente da fare, non ci sarà nessun incontro - neppure oggi - tra funzionari della Prefettura e rappresentanti dei migranti. «Posso solo dire - aggiunge l’ispettore dai modi garbati - che si sta lavorando per una soluzione». «Grazie». «Prego».



«”Si sta lavorando per una soluzione“, è esattamente quello che viene ripetuto da quando queste persone sono state cacciate dall’hotel Villa Angela di Terzigno e sono finite per strada», dice Gianluca Petruzzo. Che aggiunge: «Trovo questo comportamento disumano». Delusi sono i giovani immigrati «senza fissa dimora». Delusa è Thesie Müller, pastora della chiesa valdese, anche lei in piazza, che per una decina di giorni - dopo il provvedimento prefettizio - aveva anche ospitato i diciassette africani nella chiesa del Vomero: «La Prefettura - dice - aveva assicurato che in tre-quattro giorni avrebbe risolto la questione. E invece rinvia ogni decisione, di giorno in giorno, umiliando così ancora di più queste persone». Deluso è probabilmente anche il cardinale Sepe, che pure si sta interessando della vicenda. «Effettivamente - dice don Gaetano Castello, delegato della Curia per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso - ci era stato detto che la soluzione era imminente. E invece la Prefettura non pare che abbia ancora deciso nulla». Dopo la piccola chiesa valdese, è stata la parrocchia di San Pietro, a Portici, a farsi carico della situazione e ad ospitare i 17 africani. Da stamattina, probabilmente, il gruppo si potrà trasferire in una chiesa di Castellammare (qualcuno forse dovrebbe informare Salvini su come vanno certe cose...).



Il pacifico assedio alla Prefettura continua. La protesta non si ferma, accampata sotto i portici della piazza. Tamburi e canti africani si sentiranno anche oggi a Piazza del Plebiscito. Maurizio D’Ago, esponente delle Acli, è l’avvocato che sta seguendo il caso e che ha fornito alla Prefettura una dettagliatissima memoria in cui viene fornita una versione dei fatti che contrasta totalmente con quella di Massimo Esposito, direttore dell’hotel di Terzigno. «La revoca del diritto di accoglienza - osserva l’avvocato - costituisce una delle sanzioni più gravi che possono colpire un richiedente la protezione internazionale, perché privano una persona in difficoltà di ogni tutela. Qui c’è un giovane ivoriano che, alle dieci di sera, chiede al direttore di Villa Angela di poter mangiare qualcosa. Gli viene risposto, in malo modo, di andar via e viene fatto allontanare da un dipendente, che lo spinge fuori dalla porta. Ci sono urla, il divincolarsi del giovane immigrato. Ma nessuna violenza. Nè tanto meno da parte di ben 17 persone. In ogni caso, la nostra richiesta è semplice: si revochino i provedimenti di revoca del diritto di accoglienza. O almeno li si sospenda, in attesa di accertare i fatti, ascoltando tutti gli interessati».