Cinquecento profughi arrestati, Tripoli cambia strategia

Cinquecento profughi arrestati, Tripoli cambia strategia
di Cristiano Tinazzi
Domenica 7 Giugno 2015, 06:31 - Ultimo agg. 10:03
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Le forze di sicurezza libiche hanno arrestato giovedì scorso a Tripoli oltre quattrocento migranti (alcune fonti parlano addirittura di 545 persone), tutti uomini, che si stavano preparando ad attraversare il Mare Mediterraneo per raggiungere l'Italia.

L'OPERAZIONE

La notizia è stata data da Murad Hamza, il portavoce del Dipartimento per la lotta all'immigrazione, il quale ha riferito che il personale di sicurezza si sarebbe mosso dopo una serie di soffiate da parte di comuni cittadini. I migranti, sorpresi all'interno di un capannone, sarebbero ora in un centro di detenzione in attesa di essere espulsi. D'obbligo il condizionale poiché i combattimenti lungo la strada che porta ai confini sud del Paese spesso rendono impossibili simili operazioni. Nella capitale e nella cintura periferica resterebbero comunque migliaia in attesa del momento giusto per prendere il mare. Nelle stesse ore anche da Bengasi è arrivata la notizia dell'arresto e della deportazione di cinquantasei migranti, provenenti da Qufra, nel sud della Libia, tappa obbligatoria per coloro che arrivano dal Corno d'Africa e dalla fascia subsahariana, ma anche per le migliaia di siriani che non potendo passare dal confine libico di Sollum con l'Egitto devono andare verso Sud, entrare in Sudan e poi risalire la Libia fino alla costa.



TRIPOLI E TOBRUK

Il cambio di rotta da parte delle autorità libiche di Tripoli, seguito pare a ruota anche dal governo internazionalmente riconosciuto di Tobruk, lascia intravedere un inizio di collaborazione da parte della polizia libica in tema di controllo sulle vie dei migranti e al fine anche di depotenziare l'emergenza posta dall'Unione Europea per fermare i trafficanti di esseri umani con operazioni militari mirate anche nelle acque internazionali del Paese africano, intenzioni che però sono state respinte sia dal governo di Tobruk che da quello tripolino. «Per fermare questo esodo verso le vostre coste c'è un modo semplice: dobbiamo ripristinare gli accordi contenuti nel Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra l'Italia e la Libia sottoscritto nel 2008» dice Ezzedin al Awami, ambasciatore del governo di Tobruk, al Messaggero. Accordo che prevedeva l'espulsione e la riconsegna alle autorità libiche dei migranti arrivati in Italia, denunciato per palesi violazioni delle convenzioni internazionali sui richiedenti asilo.

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, nel 2014 sono stati centodiecimila i migranti che sono partiti dalla Libia per arrivare in Europa. Persone che sempre più spesso però decidono di abbandonare la rotta libica per scegliere tratte più sicure come quella del Mar Egeo. Infatti, non solo adesso per loro c'è il rischio di arresti e detenzioni senza fine in carceri fatiscenti, ma il pericolo è anche di finire in mezzo ai combattimenti o di essere rapiti dai miliziani, come accaduto nei giorni scorsi nell'ovest del Paese a ottantasei eritrei, caduti nelle mani dello Stato Islamico.



Lo scorso aprile sono stati in trenta, tra etiopi ed eritrei di fede cristiana, adessere barbaramente uccisi dagli estremisti dell'Isis. Estremisti che avanzano anche militarmente nella zona di Sirte dove, dopo aver conquistato nelle scorse settimane l'aeroporto, si sono spinti a una settantina di chilometri a sud ovest della città prendendo il villaggio di Harawa, strategica in quanto sorge sull'unica strada che da ovest porta ai terminal petroliferi di As-Sidr e Ras Lanuf. La conquista pare sia stata facilitata da precedenti accordi tribali con il clan maggioritario nella zona, gli Awlad Suleiman, potente tribù con una forte presenza anche nell'oasi di Sebha, nel sud del Paese. Con Harawa, sono ormai quattro i centri sotto controllo dello Stato Islamico in Libia.