Cellula di Al Qaeda a Olbia, resta in carcere Sultan Wali Khan: «E' pericoloso»

Cellula di Al Qaeda a Olbia, resta in carcere Sultan Wali Khan: «E' pericoloso»
Mercoledì 25 Novembre 2015, 19:08 - Ultimo agg. 10:25
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È pericoloso socialmente e potrebbe fuggire. La Cassazione tiene in carcere Sultan Wali Khan, 39 anni, capo della comunità pakistana di Olbia, accusato di far parte di una cellula terroristica legata ad Al Qaeda operante in Sardegna, da dove secondo l'accusa avrebbe tra l'altro organizzato un attentato terroristico avvenuto a Peshawar, in Pakistan, il 28 ottobre 2009, con oltre cento morti. Khan, assieme ad altri, è indagato per l'organizzazione dell'attacco, per la costituzione di un gruppo terroristico «espressione di fondamentalismo religioso» e per aver favorito l'immigrazione clandestina dal Pakistan.



Il suo arresto era stato convalidato dal gip il 2 aprile di quest'anno e confermato dal riesame il 16 maggio. Nel ricorso il suo legale sostiene che le accuse siano basate su errori di traduzione delle intercettazioni, contestando pure la scelta degli interpreti. Sultan Wali Khan viene descritto in una memoria difensiva come «filoccidentale» e collaboratore della questura su problematiche relative agli stranieri, trasferitosi in Italia da oltre 20 anni. Nelle motivazioni della sentenza (n. 46600 depositata oggi e relativa all'udienza del primo ottobre), la prima sezione penale Cassazione sottolinea che gip e riesame hanno considerato una «notevole messe di intercettazioni telefoniche ed ambientali» che attestavano la presenza di Khan a Peshawar il giorno della strage, e hanno ritenuto le conversazioni, «estremamente chiare», «probanti della soldarietà religiosa» tra i coindagati, «della natura fondamentalista di tale sentire, della proiezioni terroristica dei progetti» del gruppo. Nel merito del ricorso, la Cassazione ribatte che non è stato indicato «dove e perchè le traduzioni impugnate sarebbero errate e mal eseguite e quale diverso senso dovrebbe essere dato alle medime».



Quanto alla personalità dell'indagato, secondo la Cassazione le intercettazioni evidenziano il «più abbietto integralismo religioso» e «una infaticabile attività illegale di favoreggiamento della immigrazione clandestina».



«L'essere stato militante di Al Qaeda - sottolineano gli ermellini - come ipotizzato con qualche ragione indiziaria dalla pubblica accusa, rende il ricorrente espressione tipica, nei suoi livelli più elevati, della pericolosità sociale», inoltre «i comprovati contatti con funzionari corrotti del suo Paese e attivisti del fondamentalismo islamico illuminano intensamente il pericolo di fuga» palesato dai giudici di merito.
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