C’è da scommettere che su questo i sindacati saliranno sulle barricate. Ma più si protrarrà la fase di negoziato, più tardi ci sarà il rinnovo. È plausibile, comunque, che il tavolo per riscrivere la parte economica, non venga convocato prima dell’inizio del prossimo anno, ottimisticamente in primavera.
LE RISORSE Il secondo nodo, cruciale, riguarda le risorse che il governo stanzierà per il rinnovo nella prossima manovra, quella che sarà approvata giovedì mattina. Nei giorni scorsi si era parlato di 300 milioni, ma la cifra, alla fine, potrebbe essere più alta, attorno ai 400 milioni all’anno per il prossimo triennio. Soldi ai quali, comunque, si sommerebbero anche i 400 milioni già previsti a legislazione vigente per l’indennità di vacanza contrattuale del 2016 e i 620 milioni del 2017.
Gli aumenti scatterebbero dal 2016. Per gli anni passati, 2015 compreso, il governo punterebbe a non riconoscere arretrati. Le sentenze della Consulta lo permetterebbero. L’ultima, quella che ha dichiarato illegittimo il blocco, obbliga solo a riaprire la contrattazione. Quella precedente dice in modo chiaro che un blocco temporaneo, giustificato dalla crisi, è legittimo. La tesi del governo è che, mentre nel privato i lavoratori hanno pagato un prezzo molto alto con i licenziamenti, nel pubblico questo non è avvenuto. Il blocco temporaneo degli stipendi sarebbe il contributo alla crisi del settore pubblico. Il quale, del resto, un riconoscimento economico lo ha già avuto al pari del privato, incassando il bonus da 80 euro. Altro nodo è come saranno divisi i fondi tra contrattualizzati (come per esempio i ministeriali) e non contrattualizzati (come per esempio le Forze di polizia).
E soprattutto come i 400 milioni saranno distribuiti.
I sindacati si attendono aumenti a pioggia, come sempre avvenuto. Il governo punterebbe a legare gli aumenti alla produttività. Anche perché con questa tornata, entrerà in vigore un’altra regola di Brunetta: quella che prevede il 25-50-25, ossia il 25% dei dipendenti più bravi avrà il 50% delle risorse, il 50% della fascia centrale il restante, mentre all’ultimo 25% non andrà niente. Ieri intanto Matteo Renzi ha stoppato la flessibilità per le pensioni. Se ne riparlerà nel 2016.